martedì 20 dicembre 2011

Di gironi danteschi e di come farsi piacere il riso integrale

Qualche post fa sacramentavo contro il Natale, o meglio, contro la sua mercificazione, e me la prendevo con quella specie di orgia consumistica che è stato fatto diventare.

In questi giorni - e penso che nessuno che mi conosca un poco possa stupirsi di sentirmelo dire - ho evitato il più possibile di uscire. 
Vivo vicino ad una via che in città è abbastanza nota perché piena di negozi e che nei momenti tragici dell'anno (durante i saldi e a Natale, appunto) diventa un vero e proprio girone dantesco, affollata fino all'inverosimile di macchine e pedoni mediamente isterici: impossibile anche solo pensare di camminare sui marciapiedi. 

Ma stamattina non ho potuto esimermi e ho affrontato il supermercato del quartiere psicologicamente bardata come se, metaforicamente parlando, partissi per una spedizione polare.

Devo ammettere, però, che alla fine la missione è stata meno penosa di quanto mi aspettassi (e devo ricordarmene più spesso, di essere meno catastrofista in queste cose); sì, è vero, il supermercato era pieno di gente che come me si aggirava per lo più in stato confusionale tra gli scaffali, ma c'era una bella atmosfera e si capiva bene che eravamo tutti lì con in mano liste più o meno chilometriche di ingredienti per cenette festive pre-natalizie e a me questa cosa ha messo allegria.

Mi ha messo allegria il pensiero che quest'anno così difficile (insieme a quelli che verranno e che tutto fa pensare saranno altrettanto difficili, se non di più) possa indurci a riscoprire davvero il significato della parola condivisione; mi piace pensare che invece che tanti regali inutili e comprati tanto per comprare qualcosa quest'anno le persone si scambino qualcos'altro, per esempio una bella serata di autentica, gioiosa, partecipata compagnia, durante la quale mangiare insieme cibi sani, buoni, preparati con cura, con attenzione, con coscienza.

Io ho pensato che per una di queste cene preparerò sicuramente questa ricetta, che ho trovato in un bel libro delle edizioni Terra Nuova, Mangia sano e spendi poco, di Michela Trevisan, e che ha il grande merito di avermi fatto in parte riappacificare con il riso integrale, che normalmente faccio grande fatica a trovare appetibile. 
Mentre la pasta la mangio integrale da anni, il riso mi è sempre sembrato un cibo punitivo da flagellanti, sicuramente perché non sono capace di cucinarlo.

Ma così com'è in questa insalata tiepida mi piace.
Forse sapete quanto mi piaccia cambiare idea sulle cose (su alcune cose); mi sembra sia un privilegio legato alla maturità che avanza, quello di decidere di permettersi di cambiare idea, e sicuramente è per me un segno di apertura e di curiosità. 
E dunque sempre un buon segno.

****

Insalata di riso, zucca, mele e noci

(per due persone)

5 pugni di riso integrale (circa 130-140 gr, o un po' meno di una cosiddetta cup)
una quantità doppia di acqua  (cioè un po' meno di 2 cups)
una piccola zucca butternut (più o meno 300 gr di polpa pulita)
2 mele piccole
6 noci
aceto di vino (io ne ho usato uno che compro col gas da un piccolo produttore modenese, un aceto di vino tagliato con del mosto d'uva concentrato; una roba che trovo buonissima e dalla quale sono ormai dipendente)
olio
sale e pepe

Preparate prima il riso, se non ne avete di già pronto (la ricetta nasce infatti proprio per utilizzare del riso già cotto e avanzato). 

Ora, c'è chi prima di cuocerlo lo lava e chi non lo fa. 
Alcuni dicono che lavandolo si perdono delle sostanze preziose, altri che invece è necessario per eliminare eventuali impurità. Per onestà devo confessare che io non lo lavo solo perché sono una sciatta pigrona e non per un motivo preciso.

In pentola a pressione impiega circa 25' dal fischio.
Quando è pronto mettetelo da parte.

Intanto pulite e tagliate a piccoli dadi la polpa della zucca. Passatela in padella a fuoco vivace con un cucchiaio d'olio e del sale; dopo qualche minuto aggiungete anche la mela, sempre tagliata a dadini.
Non c'è bisogno di cotture prolungate: meno di 10' e dovreste aver fatto.

Nel frattempo tostate le noci a secco in un padellino.

A questo punto siete pronti: trasferite il riso ancora tiepido nel piatto, copritelo con la dadolata di zucca e mela, l'aceto (regolatevi voi), un altro po' di olio a crudo, eventualmente altro sale, sicuramente un po' di pepe, e infine le noci.

Enjoy!

giovedì 15 dicembre 2011

Blogroll: Giacy.nta

Dovrebbe essere ormai chiaro che sono curiosa come una scimmia.

Quando qualcuno mi piace, mi interessa saperne (quasi) tutto il possibile.

E più conosco e più voglio conoscere; perché, a parte rari, disgraziatissimi (ma pur possibili) casi, sono convinta che più si approfondisce la conoscenza di una persona e più sia raro e difficile che questa persona si riveli noiosa o poco interessante.

Molti dei blog che mi piacciono, mi piacciono proprio perché sono ricchi di storie personali e di famiglia, di ricette, letture, riflessioni, provocazioni, ricordi, sfoghi, invettive; sono come affascinanti, complessi e ipnotizzanti caleidoscopi.

Ecco dunque una nuova rubrica, cui tengo moltissimo e su cui fantasticavo da tempo: una chiacchierata nel mio tinello-con-cucina virtuale con i blogger che mi piacciono, un questionario sulla falsa riga di quello proustiano tanto in voga in un noto settimanale, ma a misura mia e della mia insaziabile curiosità papero-scimmiesca, una batteria di domande e di “imbeccate” cui mi auguro non sia troppo penoso rispondere.

Soprattutto, un modo giocoso, leggero e (almeno nelle intenzioni) affettuoso di conoscere meglio chi c'è dietro un blog, proprio quando spegne il pc.

Spero vi piaccia ascoltare nuove storie insieme a me.

La prima di queste storie - e per molti diversi motivi ho saputo fin dall'inizio che sarebbe stata la sua - è quella di Giacy.nta, che ringrazio particolarmente per aver accettato di raccontarcela, perché so che non ama molto parlare di sé. 
In realtà nel suo blog lo fa, ma scegliendo con gusto e sapienza immagini, parole e musica che indirettamente raccontano di lei e della sua vita e condividendo con quanti la leggono spunti e stimoli mai banali, mai scontati, di grande suggestione e fascino e spessore.


 ******

Una definizione del tuo blog: 
Ciò che resta di un secondo (quello in cui ho cliccato su "inizia", crea il tuo blog. 

Perché hai cominciato a scriverlo: 
Passo la domanda a una domenica noiosa di fine stagione (uno degli ultimi giorni di febbraio, per la precisione).

Quali sono stati i primi blog che hai letto: 
Nonblog di Habanera e Il mestiere di scrivere. Il primo, un blog collettivo, ha purtroppo smesso di pubblicare proprio nei giorni in cui Giacy.nta, persa nell'etere, iniziava a guardarsi intorno in cerca di amici.

Un bel ricordo della tua vita da abitante della blogosfera: 
Naturalmente l'avvistamento di una leggiadra papera in volo nell'etere con un carico di preziosi manufatti, libri, canzoni, torte...! :-)

Te, oggi, in tre aggettivi:
Sceglili tu per me, non ne trovo. Se vuoi, te ne suggerisco uno: vaga :-)

Te, bambina, in un ricordo o un'immagine:
Mi vedo a immaginare storie distesa sulla cassapanca a casa dei nonni (col pollice in bocca e una mano al lobo dell'orecchio destro).

Il momento più felice della tua vita:
(grazie non so chi, forse a me) Non è ancora arrivato.

Il regalo più bello che hai ricevuto:
Sai che devo pensarci? Mi viene in mente un libricino grigio della Rizzoli che mi fece trovare mio padre sul comodino, Vita di Beethoven. Mi piacque il fatto che si fosse materializzato lì, quando proprio non me lo aspettavo. Iniziai a girarci intorno... indugiavo; poi lo aprii e comincia a leggerlo. Non era ciò che immaginavo, le lettere sulle pagine erano piccole e fittissime. Non ho mai terminato la lettura.

Il dono o il talento naturale che vorresti avere:
Suonare uno strumento musicale, il violoncello.

Una persona che in qualche modo ti ha formato:
Mio padre e alcuni personaggi di alcuni libri; non ti dico quali, però.

Libro dell'isola deserta:
Questa è la domanda più difficile. Forse un libro con un po' di pagine bianche nel mezzo (prendo in prestito un'idea di Michael Collins).

Canzone preferita:
Non ne ho una, sono tante, lo sai. In questo preciso momento sto ascoltando Tim Buckley (Carnival Song).

Film culto: 
Non ne ho uno, sono tanti, lo sai. :-) Ho una predilezione per Tim Burton.

Un profumo: 
Di terra, di bosco. 

Un oggetto: 
La creta da modellare.

L'ultima cena del condannato:
Questa è la domanda che mi ha fatto accettare più che volentieri l'intervista. Adesso però non so cosa rispondere :-(
Allora... Direi una bella panzanella con pane, olio, tanto basilico, pomodoro.
In alternativa, la tavola imbandita della piccola fiammiferaia (tra condannati...).

Neanche con una pistola puntata alla tempia mangeresti:
Selvaggina, si sente l'odore dei pallini.

Nessuno può resisterti quando in cucina...
Mi do da fare seriamente. Se poi la domanda è fatta per estorcermi una ricetta...

Nel tuo frigorifero non manca mai:
Frutta.

Momento del giorno prediletto:
Sicuramente il tramonto.

Un bel modo di morire:
Leggendo Paradise Lost, oppure durante un sogno o, meglio ancora, facendo sognare qualcuno.

Quando sei sovrappensiero (tic, gesti tipici)...
Sono sovrappensiero... non so :-)

Dalla tua finestra:
Palazzi verdi, montagne, nuvole dai colori mozzafiato.

Sulla tua scrivania:
Ti allego una foto, faccio prima.



Sul tuo comodino:
Un armadillo di legno, una microsveglietta, una scatola di lacca con gioiellini (anche una papero-collana e papero-orecchini bellissimi), un piattino ocra e rosso. Non ci sono libri, perchè non leggo quasi mai a letto, ma distesa sul divano. Se vuoi sapere cosa sto leggendo adesso, l'indirizzo lo conosci: http://giacynta.blogspot.com/

Nella tua borsa...
Ti dico solo che per trovare qualcosa bofonchio improperi (verso me stessa) per una durata non inferiore al minuto.

L'angolo della tua casa che ami di più:
Quello in cui leggo. Da qualche tempo anche questo...


Il viaggio dei tuoi sogni:
Dappertutto e ritorno. Ci vado spesso sognando, soprattutto ad occhi aperti.

Da grande avresti fatto (ovvero sia: il lavoro che volevi fare da bambina):
La scrittrice o l'istitutrice/governante (non avevo le idee chiare).

Da grande farai (ovvero sia: il lavoro che vorresti fare oggi, indipendentemente da considerazioni pratiche, realistiche ed economiche):
La regista o la pasticcera (continuo a non aver(le) chiare... le idee, intendo).

Il tuo motto (se ne hai uno):
FREEDOM.

lunedì 12 dicembre 2011

Tutto è grazia di Adriana Zarri

Da quando ho letto Un eremo non è un guscio di lumaca, Adriana Zarri è diventata per me una figura familiare, presente, rassicurante e affettuosa come dovrebbe essere un parente, o un amico.

Grande è stata dunque la mia gioia quando ho saputo che era stato pubblicato questo libro, che raccoglie un'intervista fattale poco prima della sua morte.

Mi aspettavo, però, qualcosa di diverso e di più.

Prima di tutto, mi è parso un libro quasi esclusivamente incentrato su tematiche riguardanti la Chiesa cattolica e in essa oggetto di dibattito - argomento che a me, che non sono cattolica (e, anzi, ho moltissimi motivi di perplessità se non di indignazione nei confronti di questa istituzione), interessa il giusto, cioè quasi nulla.
Soprattutto mi sembra che la voce della Zarri si senta poco, coperta quasi sempre da quella del suo intervistatore che cita libri, altri autori e lascia in definitiva poco spazio alle parole di questa incredibile figura di monaco donna.

Ho dovuto fare uno sforzo e concentrarmi molto sulle poche righe destinate a queste parole e sono stata in parte ricompensata; ne ho trovate di belle, ispiratrici e nutrienti, piccole gemme luminose, riflessioni brevi e intense, per esempio sul peccato:
C'è poi il peccato come rottura di donazione, di comunione. Il peccato è andare contro Dio e contro il volere di Dio, ma a me non piace questa parola. Meglio contro l'amore.

o sulla diversità e l'uguaglianza che devono e possono coesistere:

Perché c'è la pluralità che non è in contrasto con la varietà e la varietà che non è in contrasto con l'uguaglianza. Quello che è da deplorare non è la varietà, è l'appiattimento, l'essere piccoli, tutti uguali, della stessa misura, dello stesso stampo. Noi anziché la fraternità che è uguaglianza nella diversità adoriamo la clonazione, uno stampino unico con cui ci riproduciamo.
(...)
         Quindi ci dovrebbe essere più rispetto, gli uni verso gli altri...
Sì, non solo il rispetto: quello è un secondo momento, ma il riconoscimento della necessità di questa varietà. Poi quando si riconosce questa necessità il rispetto viene di conseguenza.
Mi è rimasta, però, la spiacevole sensazione di un'occasione sprecata.
Peccato.


Adriana Zarri, Tutto è grazia. L'ultima intervista con Domenico Budaci, Aliberti Editore 2011.

domenica 4 dicembre 2011

Sunday Music: December - Norah Jones

Era tanto tempo che pensavo a questa rubrica, da me molto amata.

E oggi ho proprio sentito di voler aggiungere una sua puntata, con questa canzone di Norah Jones.

Perché mi piace - ovviamente - e anche perché parla di questo mese che è appena iniziato e al quale, forse perché è quello in cui sono nati molti cari amici e sono nata anch'io, sono da sempre molto affezionata.

Lo so bene che è tra i più bui e freddi (ma non quest'anno, pare; almeno qui); sicuramente è quello più delirante e concitato e fracassone, con il suo corredo tutto porporina e neve finta di presepi, alberi, babbi Natale e soprattutto soldi spesso spesi male e senza pensarci, per acquistare regali raramente scelti con attenzione e con cura, quasi sempre superflui se non inutili, a volte addrittura dannosi.

Non parliamo poi - nota ancor più dolente, dolentissima - della retorica smielata e ipocrita che in questo periodo dell'anno fiorisce ovunque e si nutre dell'idea più trita e superficiale della famiglia, della bontà svilita a buonismo, del perdono etc etc.

Oggi non voglio pensare al lato oscuro - questo sì, davvero - di dicembre; c'è tempo per farlo - e anzi,  aspettatevi un altro post sull'argomento, probabilmente etichettato "la papera inveisce".

Oggi soprattutto non voglio pensare allo scempio che ogni anno vedo fare di atmosfere, stati d'animo ed emozioni che per fortuna hanno la loro stagione eterna nel mondo sospeso delle fantasie della mia infanzia (ed è un vero miracolo, a pensarci, che siano sopravvissuti intatti e magici e meravigliosi).

Voglio invece pensare a quel lato di dicembre che, nel momento stesso in cui apparentemente soccombe al buio e al freddo, celebra già il primo lento, misterioso, nascosto germogliare della luce, della vita, del rinnovamento.

È con questo pensiero che auguro buona domenica a tutti!




martedì 22 novembre 2011

Di indigeni della Paupasia, di ritorni a casa e di una torta con le pere e le nocciole (ma anche le mandorle e il cacao)

L'autunno ha, tra i suoi mille motivi di seduzione per me, anche quello - fondamentale - di essere la stagione in cui trascorro sempre un po' di tempo in quel di Milano.

Risparmierò a chi legge l'ennesima mia dichiarazione d'amore e devozione per quella che considero, a tutti gli effetti, la MIA città.

Dirò soltanto che, ogni volta che ci vado, finisco per rimanere totalmente disconnessa dal mondo e dal web, neanche soggiornassi in una capanna su un albero nel folto della più remota jungla della Paupasia, ospite di un indigeno. 
Invece sto dalla suocera, che però, per certi versi - absit iniuria verbis - è in effetti più lontana da qualunque parvenza di tecnologia di un qualunque abitante di quelle regioni lontane.
(Lo metto tra parentesi: colgo l'occasione per scusarmi con quanti, non sentendomi più, hanno pensato io fossi emigrata o fossi stata rapita dagli alieni: niente da fare, purtroppo per voi).

Ne ho come al solito approfittato per trascorrere il tempo in maniere oltremodo piacevoli, come incontrare amici che sono lontani geograficamente ma assai vicini al mio cuore,  chiacchierare e passeggiare con la suocera, godermi i suoi sontuosi manicaretti, cucinare insieme a lei e alla nipotina 6enne (esperienza interessante, da tenere a mente qualora volessi farmi venire un esaurimento nervoso nel minor tempo possibile: com'è difficile cucinare in una cucina che non è la propria, senza i propri attrezzi; se  poi lo si fa cantando anche canzoncine dell'asilo e cercando di evitare che suocera e nipote diano fuoco alla cucina e anche al gatto è un'impresa quasi eroica).

Anche così, però, è stato molto bello tornare a casa, alla mia quotidianità, e ritrovare tutti i miei riti familiari, anche quelli di cui farei a meno - per esempio la corvée settimanale alla tavola da stiro (la Spia non stira mai perché dice che soffre di schiena; dice).

Sempre mi piace, soprattutto, tornare in cucina e fare una torta per la colazione, questa volta con delle pere e - ancora?! - degli albumi provenienti, come saprete già, dalle gelide profondità del mio freezer.

La torta è presa da Rachel's Favourite Food at Home di Rachel Allen, e in realtà prevede l'uso di pere e farina di mandorle. Ma la prima volta che l'ho fatta di mandorle non ne avevo. In compenso avevo una tonnellata di nocciole, buone, comprate al biomercato del quartiere da una signora emiliana che parla come Guccini e comunica con il nostro gas da un indirizzo di posta elettronica che suona più o meno "la tigre del ribaltabile" (non insinuo niente; mi perplimo, però).

Non so se pere e nocciole sia un abbinamento classico o no. A me è piaciuto moltissimo e ho deciso che d'ora in poi sarà un classico della mia cucina.

Benché con le nocciole, le mandorle a lamelle (di quelle ne avevo, un paio di cucchiai) sopra le ho messe lo stesso, perché mi fanno allegria e mi piacciono sempre. 
Nella versione alle nocciole, inoltre, nell'impasto ho aggiunto anche un paio di cucchiai di cacao amaro, perché mi andava e perché con le nocciole e con le pere il cacao ci sta benissimo.

Ho rifatto questa torta anche con le mandorle e il cacao e con le mandorle e la buccia di limone, come dovrebbe essere, e ho deciso che a me piace di più la mia versione. 
Ma tra parentesi metto anche quella originale (modificata nella quantità di burro e zucchero, ma sostanzialmente identica a quella del libro).

Vi siete persi? 
Vi pare che - come si dice a Roma - io l'abbia un po' buttata in caciara?
Niente paura. 
Leggete con calma e fiducia: si tratta di una torta facilissima (e moooolto buona).

****

Pear and Almond (ma in realtà Hazelnut) Tart

(per una tortiera di 23-24 cm di diametro)

125 gr di zucchero a velo
50 gr di farina 0
100 gr di farina di nocciole (nella versione originale: di mandorle)
2 cucchiai di cacao amaro (per la versione alle mandorle si possono sostituire con la buccia finemente grattugiata di un limone)
5 albumi (tadà! in un colpo solo!)
125 gr di burro, sciolto
2 pere, pulite, divise in quarti e tagliate a fettine sottili
25 gr di mandorle a lamelle (facoltative nella versione con nocciole e cacao; ma ci stanno bene)
zucchero a velo per servire

Preriscaldate il forno a 200°, imburrate e infarinate la tortiera.
In una ciotola setacciate lo zucchero a velo, la farina e il cacao, se lo usate. 
Aggiungete la farina di nocciole (o di mandorle; se usate queste ultime e non il cacao unite anche la buccia di limone).
In una seconda terrina sbattete con le fruste elettriche gli albumi per circa un minuto: devono solo cominciare a schiumare, non dovete fare una meringa. Aggiungeteli agli ingredienti secchi insieme al burro sciolto e amalgamate tutto.

Versate l'impasto nella tortiera e disponeteci sopra a raggiera (io non ci riesco mai, neanche per sbaglio) le fette di pere. Potete, se volete, decorare con le mandorle a lamelle.

In forno per circa 15', poi abbassate la temperatura a 180° e proseguite la cottura per circa 20'-25' (controllate dopo 15', però; ogni forno è una creatura a parte; a volte nel mio questa torta è pronta dopo 20', altre volte dopo 25').

Prima di servirla, decoratela con dello zucchero a velo setacciato.

Enjoy!




lunedì 7 novembre 2011

Di lezioni e maestri e di una torta al cioccolato e nocciole

Qualche sera fa io e la Spia abbiamo avuto dei cari amici a cena, amici per i quali è un piacere cucinare, di quelli che apprezzano la qualità (e anche la quantità!) del cibo che offri loro, di quelli che è un piacere vedere seduti intorno alla tua tavola e con cui discetti per intere mezz'ore di ricette, procedure, dosi, ingredienti - il genere di conversazione che adoro.

Volevo preparare un dolce al cioccolato che non avevo mai provato, una ricetta che mi ispirava da tempo, semplice, non elaborata, con le nocciole, che mi piacciono tanto.

La procedura era insolita e a metà della preparazione ho pensato che sarebbe stato un disastro: quel che doveva essere un composto più o meno omogeneo assomigliava a tutto tranne che a un composto, una visione non proprio incoraggiante che non lasciava sperare niente di buono.

Per un attimo la Francesca Bertini che è in me (ricordate? era un'attrice del cinema muto famosa per le scene madri durante le quali, generalmente, si aggrappava a tende e tendaggi in preda alla disperazione) ha preso il sopravvento. 
Poi, grazie anche alle parole rassicuranti della Spia - che prima di darsi per vinto, in effetti, attende sempre prove inconfutabili della catastrofe - ho deciso di andare avanti e ho fatto bene. L'aggiunta degli albumi montati ha salvato la situazione: il composto è tornato ad essere un composto e non un accrocco indefinibile che avrebbe potuto essere quasi qualunque cosa.

Circa 2 ore dopo, mentre i miei ospiti si servivano per la seconda volta di questa torta, ho riflettuto tra me e me su quanto poco ci voglia, a volte, per farsi prendere dallo sconforto, per dichiararsi sconfitti, per saltare a conclusioni pessimistiche - magari frettolose, superficiali.

E su quanto invece, spesso (non sempre, ma spesso), sia solo questione di tempo e speranza.
Si può decidere di avere fiducia e continuare a fare ciò che si deve fare; si può scegliere di mettere a tacere la mente, non farsi trascinare dal panico, concentrarsi sui gesti, fare un passo alla volta.
E le cose si mettono a posto.

Incredibile come da una torta di cioccolato e nocciole si possa trarre una lezione di vita.
Anzi, no. Non incredibile. Io ormai credo di aver capito che le lezioni - se si sia disposti ad ascoltarle - possono giungere praticamente da qualunque cosa. 
È un pensiero confortante, non trovate?
Se l'allievo è pronto, dicono in Oriente, il maestro arriva.

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Chocolate truffle tart with hot chocolate da Falling Cloudberries di Tessa Kiros

(per una tortiera di 20 cm di diametro)

100 gr di burro
100 gr di zucchero (io ho usato il golden caster sugar del commercio equo)
100 gr di cioccolato fondente al 70%
3 uova
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
60 gr di nocciole finemente tritate (nella ricetta originale: 40 gr di nocciole e 20 di farina)

In un pentolino, a fuoco dolcissimo, fate fondere il burro con lo zucchero e il cioccolato tagliato a pezzetti. In teoria, lo zucchero dovrebbe sciogliersi: a me non è successo, benché abbia mescolato per parecchio tempo.
Ma non preoccupatevi: la granulosità del composto non influirà sul risultato finale della torta, credetemi.
Quando il burro e il cioccolato sono fusi e lo zucchero è parzialmente dissolto spegnete il fornello e mettete da parte per una ventina di minuti.

Nel frattempo preriscaldate il forno a 180° e imburrate e infarinate la vostra tortiera.

Separate le uova e aggiungete i rossi e il cucchiaino di vaniglia al composto di burro, cioccolato e zucchero, poi unite le nocciole e mescolate con le fruste.

A questo punto probabilmente vi ritroverete di fronte lo spettacolo che mi ha tanto turbata l'altro giorno: invece di un composto fluido e amalgamato avrete infatti un ammasso di materia bitorzoluta e completamente slegata. 

Prima di maledire me, i miei antenati e la mia progenie - che ancora non c'è, per la cronaca, e dubito a questo punto ci sarà mai - date retta a me, montate le chiare a neve ferma e poi aggiungetele delicatamente al blob inquietante che vi turba: cucchiaiata dopo cucchiaiata vedrete che le cose miglioreranno, il composto comincerà ad assomigliare sempre più a un composto, che alla fine dovrete solo travasare nella tortiera imburrata e infarinata.

Cuocete per circa 35', poi lasciate raffreddare.

Secondo la ricetta, la torta va servita con una cioccolata calda fatta con 375 ml di panna e 100 gr di cioccolato. 
Io ho optato per una sorta di ganache, più sostenuta, con più cioccolato che panna (circa 130 gr per 110 ml, se non ricordo male: l'ho preparata con il figlio 3enne dei nostri amici, in un'atmosfera piuttosto movimentata! ma voi andate tranquilli, a occhio).

Enjoy!

martedì 1 novembre 2011

Di responsabilità individuali e di un'insalata di cavolo rapa

E bene, l'autunno sembra essere ufficialmente qui. Ed  io ne sono assai compiaciuta.

Lo sono un po' meno, molto meno, pensando ai disastri che le sue piogge torrenziali hanno prodotto in Lunigiana e nelle Cinque Terre. 

Ascoltavo giorni fa il sempre caro Luca Mercalli che, con grande equilibrio ed obiettività, distingueva situazioni nelle quali la differenza l'hanno fatta l'incuria e soprattutto l'incosciente tendenza a cementificare territori fragili e particolarissimi come quelli ed altre nelle quali la differenza l'ha fatta l'eccezionale portata delle precipitazioni (in 6 ore sono caduti i millimetri di pioggia che in genere cadono in un anno ad Aosta). 

Chiaro che i cambiamenti climatici hanno dietro di sé anche responsabilità umane, dunque sempre lì si torna.
Al fatto che il momento di pagare il conto per il modo irresponsabile e suicida con il quale abbiamo finora gestito questo pianeta che ci ospita come se fosse solo nostro è arrivato, e il conto è salato, molto salato, com'è giusto che sia.

Il fatalismo e la sfiducia con i quali discorsi tanto seri e tanto importanti vengono affrontati mi lasciano spesso senza parole.
È per me sempre fonte di stupita incredulità accorgermi di quanto, in un mondo come il nostro, così inebriato di individualismo, di fronte a certe questioni si sia prontissimi ad abdicare alla propria responsabilità individuale, rifugiandosi in una strategica impotenza.

Non ho mai creduto che il singolo non possa fare la differenza; non ho mai sentito che come singoli si sia incapaci di fare la propria parte. 
Io credo che come individui si sia sempre e comunque responsabili della propria vita e delle proprie scelte - e non è poco, a ben guardare; è tutto. 

Da diversi anni cerco di vivere una vita responsabile, di limitare al minimo i consumi, gli sprechi, gli eccessi, tutto ciò che è inutile e dannoso. Non sempre ci riesco, ma non smetto mai di provarci, sempre di più, spostando sempre un centimetro più in là il mio limite.
Senza isterismi, atteggiamenti snobistici e compiaciuti da stilita o tentazioni di apostolato fanatico. 
Semplicemente questo è il modo che, negli anni, ho capito essere quello che più si avvicina alla mia idea di "buona vita". 

Non mi sforzo di ricordarmi che se sono in cucina è inutile che la luce in camera da letto sia accesa; non mi pesa chiudere il rubinetto della doccia mentre mi insapono per riaprirlo poi quando mi devo sciacquare. Non mi sembra strano evitare di comprare le arance spagnole quando posso aspettare quelle italiane e nel frattempo godermi altra frutta buona di stagione. 
Non mi sento deprivata per questo e non sento di avere atteggiamenti autopunitivi, al contrario. 

Anche solo preparandomi un'insalata invernale, godendo dei frutti che la terra naturalmente produce in questo momento dell'anno, sento di fare la mia parte e di rispondere a leggi antichissime e sane, che parlano di raffinati e al tempo stesso primitivi e necessari richiami tra il nostro corpo e i cicli della natura.

Ed io questa non la chiamo solo responsabilità. 
La chiamo anche, e soprattutto, felicità. 

***

Insalata di cavolo rapa, pere e feta da Cavoli e zucche in cucina di Rosanna Passione

(per una papera di robusti appetiti)

un cavolo rapa non troppo grande
1 pera
feta (io ne ho usata più o meno un etto, forse meno; insomma, regolatevi ad occhio)
noci (io ho usato quelle dell'Amazzonia del commercio equo e mi sembra ci stiano benissimo)
olio extra vergine d'oliva
aceto balsamico
sale e pepe
erba cipollina (nella ricetta originale non c'è, ma a me piace molto, anche in barattolo)

Pulite il cavolo rapa, dividetelo più o meno in ottavi - difficile che siano proprio ottavi, il cavolo rapa è in genere bitorzoluto e di forme eccentriche (e per questo mi sta istintivamente molto simpatico) - e poi ricavate da questi pseudo-ottavi delle fettine sottilissime. Vi consiglio di usare una mandolina seria per farlo (una mandolina seria è uno strumento indispensabile per l'accorta casalinga; conviene investire una piccola cifra nel suo acquisto, soprattutto se si amano le insalate).

Riunite in una bella insalatiera le fettine di cavolo rapa, la pera pulita e tagliata a dadini, la feta sbriciolata e le noci che avrete prima tostato a secco in un padellino.

Salate, pepate, condite con aceto balsamico e olio extravergine di oliva e un po' di erba cipollina.

Enjoy!


sabato 22 ottobre 2011

Della sindrome dell'accorta casalinga (o della donna pioniera) parte II o di una torta di nocciole

Ricordate? ve ne parlavo proprio poco tempo fa (qui il post).

Bene, stamattina, all'alba, sconquassata da fastidiosissimi e virulenti attacchi di tosse (bello l'autunno che è arrivato, non c'è che dire, io ne sono felicissima, ma proprio così doveva arrivare? Riducendomi quasi subito ad un mezzo catorcio? Fine della parentesi e della geremiade), pensavo che una vera accorta casalinga si vede anche dal modo in cui usa il freezer. Ma che razza di pensieri ha questa qui, appena sveglia, la mattina? vi starete chiedendo, forse. Eh, sapeste quante volte mi sono fatta questa domanda, e non di rado con un filo di preoccupazione.

Ma non divaghiamo.
La vera accorta casalinga ha con il freezer un rapporto intenso, quasi morboso. 
Il freezer, per lei, non è soltanto un elettrodomestico comodo che semplifica e molto la sua vita quotidiana.
Il freezer rappresenta, in modo concreto ma anche simbolico e potente, forse la summa delle qualità che l'accorta casalinga deve possedere: senso dell'economia, del risparmio, capacità di gestire in modo sensato le risorse, odio dello spreco, lungimiranza e ingegnosità.

Nel freezer non trovano spazio solo pranzi o cene già pronte (porzioni di sformati o di lasagne, per esempio), ma anche ingredienti base ed accessori strategici - ed ogni casalinga accorta ha i suoi.

Nel mio non manca mai, per esempio, un sacchetto contenenti gambi di sedano: c'è stato un periodo in cui il gas cui appartengo è stato letteralmente sommerso da sedani. La provvidenza ha voluto che io leggessi da qualche parte che i gambi si conservano ottimamente in freezer e tornano sempre comodi (almeno spero; ne ho una discreta quantità).

Nel mio freezer ci sono anche due barattoli, uno contenente buccia di limone e l'altro buccia d'arancia finemente grattugiate. Temevo la permanenza sotto zero li trasformasse in due blocchi di ghiaccio e invece grande è stata la meraviglia quando mi sono accorta che ogni singolo fiocco rimane separato, pronto a insaporire pressochè qualunque cosa - fosse per me, le metterei quasi ovunque.

Nel mio freezer ci sono, soprattutto, grandi quantità di sacchetti contenenti albumi.
Da quando, anni fa, ho letto che la grande Nigellona ne conserva diverse decine nel suo immenso freezer ("sembra una succursale della banca del seme", ha commentato lei, con la sua proverbiale finezza), lo faccio anch'io. 
Non si possono fare meringhe ogni due per tre - ed io poi con le meringhe ho un rapporto assai difficile - e lasciarli scivolare nel lavandino come se niente fosse (so che ci sono tante persone che lo fanno, con disinvoltura), giammai.

Ed ecco allora che, periodicamente, si impone una ricerca incrociata sui miei libri di cucina alla caccia di ricette che prevedano l'uso massiccio, magari su scala industriale, di albumi.

Questa torta ne usa ben 5; quando l'ho letta non credevo ai miei occhi: quale meravigliosa occasione per disfarsi di due-ben-due sacchetti di albumi!

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Gâteau léger aux noisettes da I love cake di Trish Deseine

(per una tortiera di circa 24 cm di diametro)

5 albumi
100 gr di burro fuso (nella ricetta originale: burro salato)
80 gr di nocciole in polvere (io prima le tosto appena, a secco, in un padellino)
100 gr di zucchero (nella ricetta originale: 150) 
75 gr di farina
zucchero a velo

Preriscaldate il forno a 200°. 
Foderate il fondo di una tortiera a cerniera e imburrate e infarinate i lati.

Montate gli albumi a neve.
Incorporate con delicatezza lo zucchero e le nocciole, poi la farina setacciata e infine il burro.

Versate il composto nella tortiera e cuocete per 15', passati i quali abbassate la temperatura a 150° e proseguite la cottura per altri 15'.

Aspettate che la torta sia tiepida prima di liberarla dalla tortiera e spolveratela di zucchero a velo.

La Spia - incredibile ma vero; di solito sono io ad avere di simili idee volgari - l'ha voluta farcita di una ganache al cioccolato. 
Ma questa torta è buona anche farcita di una buona marmellata di frutti di bosco o persino (ma siamo sicuri sia proprio io a dirlo?) così com'è, nature.

Enjoy!

(dimenticavo: se decideste di aprire anche voi la vostra casalinga succursale della banca del seme, ricordate di scrivere su ogni sacchetto quanti albumi vi sono contenuti.
Altra cosa: non abbiate paura di usare gli albumi surgelati, basta tirarli fuori dal freezer con congruo anticipo e lasciarli scongelare dolcemente, magari lasciando a bagno il sacchetto in un po' di acqua tiepida. Ma più di una volta, avendo deciso all'ultimo di usarli, ho utilizzato le maniere forti e li ho scongelati in pochissimo tempo immergendoli in una ciotola piena di acqua appena bollita. Non ne hanno risentito minimamente. La ragione fisico-chimica del perché si comportino in questo modo mi sfugge, ma non importa: io gliene sono molto grata, comunque, sì).

mercoledì 12 ottobre 2011

Di inquietudini e stagioni e di una (ennesima) torta di susine

"E poi è normale che uno si senta tutto sottosopra, se persino le stagioni fanno un po' quello che vogliono", diceva un signore l'altro giorno per la strada.

Adoro ascoltare i discorsi della gente per la strada, benché a volte mi deprimano alquanto; e la Spia mi fa notare che spesso non faccio neanche finta di niente ma mi metto lì, tutta concentrata, ad ascoltare, come se fossi coinvolta nella conversazione e magari guardo anche le persone con grande attenzione ed annuisco o faccio delle smorfie ad esprimere la mia perplessità; per fortuna la gente è spesso fin troppo distratta per accorgersene.

Vi sentite anche voi sottosopra? 
Inquieti, un po' svogliati, malmostosi, inclini ad addormentarvi ogni due per tre e quasi ovunque, spesso ostaggio di imprecisate paturnie?
Io abbastanza, grazie.
Il problema, però, non è che le stagioni fanno quello che vogliono, poverette, al contrario; e temo che in futuro sarà sempre più "normale" ritrovarsi a metà ottobre ancora con i sandali. 
Ad alcuni potrà piacere questa proroga estiva; a me parla di cicli naturali sempre più stravolti, una prospettiva che non suscita in me alcun pensiero positivo.

Ma stamattina, mentre attraversavo la città in sella alla mia fidata bici rossa (e con l'occasione ve la presento, si chiama Agata), ho sentito che l'autunno è davvero arrivato.
C'era il cielo grigio, un'arietta quasi fredda e un'atmosfera da "ritorno alla normalità".

Allora ho pensato, sempre in sella ad Agata, che questa ricetta fosse meglio postarla oggi, perché ho l'impressione che di susine in giro non ce ne saranno più per  molto - e che peccato.
E dunque, senza farla troppo lunga, eccola la ricetta, presa da un libro acquistato a Bruxelles, in una di quelle bellissime librerie dell'usato dove potrei stare per ore ed ore (e dove in effetti sto per ore ed ore, quando mi è possibile), un libro dal titolo infelicissimo di Tutti frutti, di Nina Dreyer Hensley, Jim Hensley e Paul Lowe, edito dalla Marabout nel 2002 e che, come si evince dal titolo, raccoglie ricette esclusivamente a base di frutta: il classico libro Marabout, con foto garbate, styling chic-campagnolo, ricette rapide.

Questa è la prima che provo e il risultato mi è piaciuto molto.

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Gâteau aux prunes

(per una tortiera di circa 24-25 cm di diametro)

6-7 susine, denocciolate
150 gr di burro
160 gr di zucchero (io ho usato, come al solito, il Golden Caster Sugar del commercio equo)
3 uova
60 gr di mandorle, tagliate non troppo finemente
1 cucchiaino di zucchero vanigliato
240 gr. di farina 0
2 cucchiaini di lievito per dolci
1 cucchiaino di cannella (non previsto dalla ricetta, ma ho scoperto che mi piace molto insieme alle susine)

Preriscaldate il forno a 180°.

Imburrate e infarinate una tortiera di circa 24 cm di diametro.

Mettete le susine nel robot da cucina e riducetele in purea.

Montate il burro con lo zucchero, aggiungete le uova una alla volta, la purea di susine, e il resto degli ingredienti.

In forno per circa 45-50': la prova dello stecchino vi aiuterà a capire quando la torta sarà pronta (lo stecchino deve essere asciutto).

Ecco qui o, per meglio dire, voilà, c'est tout.

Io la vedrei assai bene servita con la solita panna appena montata, ma è anche vero che io non faccio testo quando si parla di panna, la metterei un po' ovunque.

Enjoy!

venerdì 7 ottobre 2011

No alla legge bavaglio - post a rete unificata

Son giorni, questi, che in molti viviamo in preda all'inquietudine.

Ci sono tanti di quei motivi per essere inquieti, in questo disgraziatissimo paese.

Uno dei tanti, importantissimo, è proprio quello di cui parla questo post.
L'ho trovato nel blog di Wenny e lo riporto qui, sperando di poter fare la mia piccola parte in questo generoso movimento spontaneo di protesta e di controinformazione.

La rete, lo sappiamo, è un grande contenitore in cui c'è di tutto, dalla bellezza all'indecenza, dalla cultura alla spazzatura, dalla violenza al sublime, dal vero al falso.
Ma è un contenitore cui tutti possono accedere, liberamente.
E in cui tutti possono trovare, anche solo sviluppando un minimo di senso critico (che si può sviluppare, a me pare, solo in piena e completa libertà), non solo ciò che cercano ma anche ciò che non sapevano di cercare ma di cui hanno bisogno: informazioni, dati, elementi per costruirsi le proprie idee sul mondo e in più la possibilità - se solo lo si voglia - di confrontarsi con altre idee e prospettive, di ampliare i propri orizzonti, di arricchire in modo esponenziale il proprio piccolo bagaglio di esperienza umana.

Non è poco.
Per quanto anch'io, per prima, ogni tanto possa risentire la sua onnipresenza nella mia vita e la sua laocoonticità, la rete è una risorsa, preziosissima, come l'acqua o l'aria. 
E penso debba rimanere accessibile a tutti, uno strumento vero di emancipazione e conoscenza e direi anche, usando un'espressione tanto di moda oggi, di democrazia partecipata di cui solo il cielo sa quanto si ha bisogno adesso.

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Il disegno di legge di riforma delle intercettazioni ha un impatto significativo sulla rete?
Il ddl di riforma della normativa sulle intercettazioni influisce sulla rete in due modi, innanzitutto perché le limitazioni introdotte dal ddl in merito alla pubblicabilità degli atti di indagine riguarda, ovviamente, anche la rete, relativamente al giornalismo professionale, ma soprattutto perché in esso è presente il comma 29 che è scritto specificamente per la rete. Cosa prevede il comma 29? Il comma 29 estende parte della legislazione in materia di stampa, prevista dalla legge n. 47 del 1948, alla rete, in particolare l’art. 8 che prevede la cosiddetta “rettifica”.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere dei media unidirezionali e di bilanciare le posizioni in gioco. Nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, un semplice cittadino potrebbe avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie, e comunque ne trascorrerebbe molto tempo con ovvi danni alla sua reputazione. Per questo motivo è stata introdotta la rettifica che obbliga i direttori o i responsabili dei giornali o telegiornali a pubblicare gratuitamente le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti che si ritengono lesi.

Il comma 29 estende la rettifica a tutta la rete?
La norma in questione estende la rettifica a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”. La frase “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica” è stata introdotta in un secondo momento proprio a chiarire, a seguito di dubbi sorti tra gli esperti del ramo che propendevano per una interpretazione restrittiva della norma (quindi applicabile solo ai giornali online), che la norma deve essere invece applicata a tutti i siti online. Ovviamente sorge comunque la necessità di chiarire cosa si intenda per “siti informatici”, per cui, ad esempio, potrebbero rimanere escluse la pagine dei social network, oppure i commenti alle notizie. Al momento non è dato sapere se tale norma si applicherà a tutta la rete, in ogni caso è plausibile ritenere che tale obbligo riguarderà gran parte della rete.

Entro quanto tempo deve essere pubblicata la rettifica inviata ad un sito informatico?
Il comma 29 estende la normativa prevista per la stampa, per cui il termine per la pubblicazione della rettifica è di due giorni dall’inoltro della medesima, e non dalla ricezione. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

E’ possibile aggiungere ulteriori elementi alla notizia, dopo la rettifica?
Il ddl prevede che la rettifica debba essere pubblicata “senza commento”, la qual cosa fa propendere per l'impossibilità di aggiungere ulteriori informazioni alla notizia, in quanto potrebbero essere intese come un commento alla rettifica stessa. Ciò vuol dire che non dovrebbe essere nemmeno possibile inserire altri elementi a corroborare la veridicità della notizia stessa.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è sostanzialmente quella della legge sulla stampa, la quale chiarisce che le informazioni da rettificare non sono solo quelle contrarie a verità, bensì tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni “da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”, laddove essi sono i soggetti citati nella notizia. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia. Non si tratta affatto, in conclusione, di una valutazione sulla verità, per come è congegnata la rettifica in sostanza si contrappone la “verità” della notizia ad una nuova “verità” del rettificante, con ovvio scadimento di entrambe le “verità” a mera opinione (Cassazione n. 10690 del 24 aprile 2008: “l’esercizio del diritto di rettifica… è riservato, sia per l’an che per il quomodo, alla valutazione soggettiva della persona presunta offesa, al cui discrezionale ed insindacabile apprezzamento è rimesso tanto di stabilire il carattere lesivo della propria dignità dello scritto o dell’immagine, quanto di fissare il contenuto ed i termini della rettifica; mentre il direttore del giornale (o altro responsabile) è tenuto, nei tempi e con le modalità fissate dalla suindicata disposizione, all’integrale pubblicazione dello scritto di rettifica, purché contenuto nelle dimensioni di trenta righe, essendogli inibito qualsiasi sindacato sostanziale, salvo quello diretto a verificare che la rettifica non abbia contenuto tale da poter dare luogo ad azione penale”).

Come deve essere inviata la richiesta di rettifica?
La normativa non precisa le modalità di invio della rettifica, per cui si deve ritenere utilizzabile qualunque mezzo, fermo restando che dopo dovrebbe essere possibile provare quanto meno l’invio della richiesta. Per cui anche una semplice mail (non posta certificata) dovrebbe andare bene.

Cosa accade se non rettifico nei due giorni dalla richiesta?
Se non si pubblica la rettifica nei due giorni dalla richiesta scatta una sanzione fino a 12.500 euro.

Che succede se vado in vacanza, mi allontano per il week end, o comunque per qualche motivo non sono in grado di accedere al computer e non pubblico la rettifica nei due giorni indicati?
Queste ipotesi non sono previste come esimenti, per cui la mancata pubblicazione della rettifica nei due giorni dall’inoltro fa scattare comunque la sanzione pecuniaria. Eventualmente sarà possibile in seguito adire l’autorità giudiziaria per cercare di provare l’impossibilità sopravvenuta alla pubblicazione della rettifica. È evidente, però, che non si può chiedere l’annullamento della sanzione perché si era in “vacanza”, occorre comunque la prova di un accadimento non imputabile al blogger.

La rettifica prevista dal comma 29 è la stessa prevista dalla legge sulla privacy?
No, si tratta di due cose ben diverse anche se in teoria ci sarebbe la possibilità di una sovrapposizione parziale. La legge sulla privacy consente al cittadino di chiedere ed ottenere la correzione di dati personali, mentre la rettifica ai sensi del comma 29 riguarda principalmente notizie.

Con il comma 29 si equipara la rete alla stampa?
Con il suddetto comma non vi è alcuna equiparazione di rete e stampa, anche perché tale equiparabilità è stata più volte negata dalla Cassazione. Il comma 29 non fa altro che estendere un solo istituto previsto per la stampa, quello della rettifica, a tutti i siti informatici.

Con il comma 29 anche i blog non saranno più sequestrabili, come avviene per la stampa?
Assolutamente no, come già detto con il comma 29 non si ha alcuna equiparazione della rete alla stampa, si estende l’obbligo burocratico della rettifica ma non le prerogative della stampa, come l’insequestrabilità. Questo è uno dei punti fondamentali che dovrebbe far ritenere pericoloso il suddetto comma, in quanto per la stampa si è voluto controbilanciarne le prerogative, come l’insequestrabilità, proprio con obblighi tipo la rettifica. Per i blog non ci sarebbe nessuna prerogativa da bilanciare.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Se ritengo che la rettifica non sia dovuta, posso non pubblicarla?
Ovviamente è possibile non pubblicarla, ma ciò comporterà certamente l’applicazione della sanzione pecuniaria. Come chiarito sopra la rettifica non si basa sulla veridicità di una notizia, ma esclusivamente su una valutazione soggettiva della sua lesività. Per cui anche se il blogger ritenesse che la notizia è vera, sarebbe consigliabile pubblicare comunque la rettifica, anche se la stessa rettifica è palesemente falsa.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica, il titolare del dominio, il gestore del blog?
Questa è un’altra problematica che non ha una risposta certa. La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi è il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Anche qui non è possibile dare una risposta certa al momento. In linea di massima un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

Pensavo di creare un widget che consente agli utenti di pubblicare direttamente la loro rettifica senza dovermi inviare richieste. In questo modo sono al riparo da eventuali multe?
Assolutamente no, la norma prevede la possibilità che il soggetto citato invii la richiesta di rettifica e non lo obbliga affatto ad adoperare widget o similari. Quindi anche l’attuazione di oggetti di questo tipo non esime dall’obbligo di pubblicare rettifiche pervenute secondo differenti modalità (ad esempio per mail).

Pensavo di aprire un blog su un server estero, in questo modo non sarei più soggetto alla rettifica?
Per non essere assoggettati all’obbligo della rettifica è necessario non solo avere un sito hostato su server estero, ma anche risiedere all’estero, come previsto dalla normativa europea. E, comunque, anche la pubblicazione di notizie su un sito estero potrebbe dare adito a problemi se le notizie provengono da un computer presente in Italia.

E’ vero che in rete è possibile pubblicare tutto quello che si vuole senza timore di conseguenze? E’ per questo che occorre la rettifica?
Questo è un errore comune, ritenere che non vi sia alcuna conseguenza a seguito di pubblicazione di informazioni o notizie online, errore dovuto alla enorme quantità di informazioni immesse in rete, ovviamente difficili da controllare in toto. Si deve inoltre tenere presente che comunque l’indagine penale od amministrativa necessita di tempo, e spesso le conseguenze penali od amministrative a seguito di pubblicazioni online, si hanno a distanza di settimane o mesi. In realtà alla rete si applicano le stesse medesime norme che si applicano alla vita reale, anzi in alcuni casi la pubblicazione online determina l’aggravamento della pena. Quindi un contenuto in rete può costituire diffamazione, violazione di norme sulla privacy o sul diritto d’autore, e così via… Il discorso che spesso si fa è, invece, relativo al rischio che un contenuto diffamante possa rimanere online per parecchio tempo. In realtà nelle ipotesi di diffamazione o che comunque siano lesive per una persona, è sempre possibile ottenere un sequestro sia in sede penale che civile del contenuto online, laddove l’oscuramento avviene spesso nel termine di 48 ore.

Ho letto di un emendamento presentato da alcuni politici che dovrebbe risolvere il problema della rettifica. È un buon emendamento?
Già lo scorso anno fu presentato un emendamento da alcuni parlamentari, che sostanzialmente dovrebbe essere riproposto quest’anno, con qualche modifica. In realtà l’emendamento Cassinelli, dal nome dell’estensore, non migliora di molto la norma: allunga i termini della rettifica a 10 giorni, stabilisce che i commenti non sono soggetti a rettifica, e riduce la sanzione in caso di non pubblicazione. L’allungamento dei termini non è una grande conquista, in quanto l’errore di fondo del comma 29 è l’equiparazione tra rete e stampa, cioè tra attività giornalistica professionale e non professionale, compreso la mera manifestazione del pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, esplicata dai cittadini tramite blog. Per i commenti la modifica è addirittura inutile in quanto una lettura interpretativa dovrebbe portare al medesimo risultato, anzi forse sotto questo profilo l’emendamento è peggiorativo perché invece di “siti informatici” parla di “contenuti online” con una evidente estensione degli stessi (pensiamo alle discussioni nei forum). Tale emendamento viene giustificato con l’esempio del blogger che scrive: “Tizio è un ladro”, ipotesi nella quale, si dice, Tizio ha il diritto di vedere rettificata la notizia falsa. Immaginiamo invece che Tizio effettivamente sia un ladro, la rettifica gli consentirebbe di correggere una notizia vera con una falsa. Se davvero Tizio non è un ladro, invece, non ha alcun bisogno di rettificare, può denunciare direttamente per diffamazione il blogger ed ottenere l’oscuramento del sito in poco tempo.

Ma in sostanza, quale è lo scopo di questa norma?
Una risposta a tale domanda è molto difficile, però si potrebbe azzardarla sulla base della collocazione della norma medesima. Essendo inserita nel ddl intercettazioni, potrebbe forse ritenersi una sorta di norma di chiusura della riforma, riforma con la quale da un lato si limitano le indagini della magistratura, dall’altro la pubblicazione degli atti da parte dei giornalisti. Poi, però, rimarrebbe il problema se un giornalista decide di aprire un blog in rete e pubblicare quelle intercettazioni che sul suo giornale non potrebbe più pubblicare. Ecco che il comma 29 evita questo possibile rischio.