Di solito, se è possibile, mi piace farmi un'idea leggendo prima qualche testo autobiografico: raccolte di lettere e diari sono da sempre tra i miei testi preferiti. Sono mattoni preziosi nella costruzione del ritratto di un autore ancora sconosciuto.
Quale immagine avrei avuto, per esempio, della mia cara Virginia Woolf se mi fossi limitata a ricostruirla sulla base dei suoi romanzi e dei suoi racconti? La lettura del suo ponderoso epistolario (in Italia pubblicato da Einaudi, che però si è fermato al penultimo volume - e l'ultimo? Se qualcuno dell'Einaudi capitasse per sbaglio da queste parti potrebbe dirmi dov'è finito l'ultimo?) e di parte dei suoi diari mi ha consentito, invece, di avere altre prospettive sulla sua incandescente personalità.
Dopo, in ordine di preferenza, sempre se possibile, ci sono tutti i testi d'occasione: piccoli saggi, raccolte di articoli, spesso fonti utilissime di informazioni circa i gusti e gli interessi di un autore. E se si tratta poi di recensioni o saggi letterari sono felicissima: poche pagine sono più rivelatrici circa i processi creativi di uno scrittore di quelle in cui quest'ultimo discetta dei processi creativi altrui.
Quando scopro un nuovo autore, me ne innamoro sempre un po' e divento un po' maniaca: cerco di reperire ogni suo libro, lo leggo, ci penso su, ne parlo, tormento chiunque mi capiti a tiro leggendogli estratti che mi hanno colpito (la Spia, lo immaginerete, è spesso la mia prima vittima).
Adesso è il momento di Primo Levi.
Non sapevo che mi sarebbe piaciuto così tanto.
Un uomo di scienza prestato alla letteratura: aveva tutto per interessarmi poco.
Invece, come spesso accade, i fatti mi hanno smentito.
Primo Levi mi piace tantissimo.
Mi piacciono la sua secchezza, la sua scrittura precisa e senza sbavature.
Mi piace il misurato pudore col quale ogni tanto si apre al sentimento, all'elegia, alla tenerezza.
Mi piace la lucidità con la quale ha vissuto e gestito la propria storia e il proprio ingombrante e disumano passato.
Mi piacciono soprattutto la dirittura morale, la compostezza, la sobrietà e la serietà che si respirano nelle sue pagine e che non escludono l'ironia, la leggerezza, un certo senso dell'umorismo.
Non sapevo che avesse scritto poesie; non ce lo si aspetterebbe da un autore come lui.
E in effetti neanche lui, in un certo senso, si aspettava di scriverne.
Ecco che cosa ha affermato al riguardo:
In alcuni momenti, la poesia mi è sembrata più idonea della prosa per trasmettere un'idea o un'immagine. Non so dire perché, e non me ne sono mai preoccupato: conosco male le teorie della poetica, leggo poca poesia altrui, non credo alla sacertà dell'arte, e neppure credo che questi miei versi siano eccellenti. Posso solo assicurare l'eventuale lettore che in rari istanti (in media, non più di una volta all'anno) singoli stimoli hanno assunto naturaliter una certa forma, che la mia metà razionale continua a considerare innaturale.Tra le molte sue che mi piacciono, ho scelto questa, perché - e alcuni di voi lo sanno - ho da sempre la certezza che anche altri esseri viventi, non solo noi, abbiano sentimenti, ricordi, emozioni e questo pensiero, sebbene a volte abbia moltiplicato le ragioni di certe mie tristezze e malinconie, mi ha anche spesso confortato e rallegrato.
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Meleagrina*
Tu, sanguecaldo precipitoso e grosso,
Che cosa sai di queste mie membra molli
Fuori del loro sapore? Eppure
Percepiscono il fresco e il tiepido,
E in seno all'acqua impurezza e purezza;
Si tendono e distendono, obbedienti
A muti intimi ritmi,
Godono il cibo e gemono la loro fame
Come le tue, straniero dalle movenze pronte.
E se, murata fra le mie valve pietrose,
Avessi come te memoria e senso,
E, cementata al mio scoglio, indovinassi il cielo?
Ti rassomiglio più che tu non creda,
Condannata a secernere secernere
Lacrime sperma madreperla e perla.
Come te, se una scheggia mi ferisce il mantello,
Giorno su giorno la rivesto in silenzio.
30 settembre 1983
(da Ad ora incerta, 1984)
* la meleagrina è un mollusco