domenica 31 luglio 2011

Pollice verde di Ippolito Pizzetti

Fino a qualche mese fa ignoravo chi fosse Ippolito Pizzetti e quale grande e infelice lacuna fosse questa.

Poi, grazie ad un'amica, c'è stato questo incontro, seguito da un improvviso innamoramento.

E l'ho capito subito che Ippolito Pizzetti mi sarebbe piaciuto, fin dalle prime pagine di questo libro, che raccoglie alcuni dei tanti articoli di giardinaggio da lui scritti per l'Espresso e per altre riviste e quotidiani.

Mi è piaciuto prima di tutto il fatto che Pizzetti avesse capito relativamente tardi quale grande passione avesse per il mondo delle piante e che gli si fosse avvicinato gradualmente, in un percorso assolutamente non lineare, partendo da una cattedra di assistente di Natalino Sapegno all'Università La Sapienza e passando per molto lavoro editoriale (svolto in molteplici ruoli: come traduttore, come direttore di collane, come consulente).

L'amore per il verde si fece in Pizzetti prima interesse per la storia dei giardini (e bellissime sono le pagine dedicate a quelli tedeschi o quelle in cui racconta la storia dei Kew Gardens a Londra, dove si recava in pellegrinaggio come gli antichi Greci a Delfi, secondo una sua felice espressione), poi passione progettuale: pur senza avere una formazione tecnica, divenne in poco tempo un famoso e apprezzatissimo architetto di giardini - la laurea in architettura gli fu data, honoris causa, solo nel 2004, tre anni prima della sua morte.  

In questo libro si trovano molti consigli pratici su come coltivare cosa e dove: consigli presentati in poche, spicce istruzioni, oppure, al contrario, nascosti in divagazioni dal vasto respiro elegiaco, in meditazioni filosofiche, in invettive amarissime.

Soprattutto si trovano bellissime pagine di prosa (e tra tutte, le più belle per me sono quelle de L'incontro con l'indeterminato o di Oziorrinco è morto), piene di passione, impeto, ironia, sarcasmo, trasudanti raffinata e ampia, metabolizzata cultura, ma anche soffuse di nostalgiche memorie d'infanzia, pervase di una tenerezza ruvida e accorata per quella natura sempre più violentata dall'uomo, sempre meno compresa, sempre più considerata aliena.

Qui, come e quando posso, cerco di dare delle informazioni: su piante sconosciute, sul modo di coltivarle, su come reagiscono in giardino.
Ma chi segue i miei scritti sa bene che non è questo soltanto che mi spinge a scrivere; ma i mille modi, le mille aperture da trovare nel rapporto con la natura, che per moltissimi è andato perduto, o non è mai esistito: riuscire a indicarlo anche agli altri. Non è un rapporto facile, come non è facile nessun rapporto, umano o non umano che sia; ma è uno di quelli, per me almeno, che rendono la vita degna di esser vissuta; e che mi sono altrettanto necessari per esistere dell'aria e dell'acqua. Sono incapace di sentirmi, nella mia natura di uomo, come qualcosa di staccato dal mondo vegetale e animale.

Se Ippolito Pizzetti mi avesse conosciuta, mi avrebbe sicuramente trovata insopportabile: mi sono infatti riconosciuta in pieno nel ritratto, tra il patetico e il ridicolo, dell'aspirante giardiniere da balcone, ignorantissimo e tremebondo, che desidera, spasmodicamente desidera, sviluppare un qualche contatto affettuoso con quel mondo vegetale che insieme lo attira e lo inquieta, e che però è terrorizzato, pressoché costantemente terrorizzato, dalla possibilità di provocare ogni genere di disastro, perché con quel mondo non ha sviluppato fino ad ora la minima confidenza, e dunque è pieno di quesiti angosciosi su come avvicinarglisi.
Per esempio quanto, come e quando bisogna innaffiare le piante?

Di solito le domande di questo genere mi imbarazzano (quando non mi irritano) perché mi rendo conto che il mio interlocutore è (in quel momento almeno) le mille miglia lontano dall'aver capito come le piante vadano accostate; che si tratta di una persona, poveretta, impacciata, tutta legata, non libera affatto, timorosa nel proprio rapporto con la natura e mi auguro in cuor mio che il praticare le sue quattro piante possa in qualche modo indicarle la via.

Sì, in queste poche righe ci sono tutta, hélas
Faccio parte di quel numero di esseri umani che in mezzo alla natura (che sia un bosco, un giardino o le piante in vaso di un balcone) sono presi sì da incantamento, ma insieme da ansia e inquietudine e timori ancestrali.

Perché noi (...) entriamo nel bosco, e lo vediamo carico di ombre, di bronchi, di ramaglie; l'erta è piena di ostacoli e di sassi, il prato impedisce il cammino coi rovi e con le spine, e dovunque l'angue minaccioso attende in agguato; e poi quant'altri pericoli ci sovrastano, tutto intorno è materia indistinta, il male peggiore è l'indistinto che regna sovrano; non sappiamo i nomi, non sappiamo le forme, ci mancano le parole, precipitiamo nel pozzo della non cultura.

Manca però, a questo mio fedele ritratto, la fiducia incrollabile e forse idiota nella possibilità di diventare, un giorno, un essere umano meno a disagio a contatto con la natura, meno spaventato all'idea di ucciderla per colpa della propria ignoranza. 

Con un simile maestro, e con tutti quelli che incontrerò per la via (sto ovviamente accumulando una piccola biblioteca sull'argomento), credo di avere buone speranze.


Ippolito Pizzetti, Pollice verde, BUR 2006.

sabato 23 luglio 2011

Di vacanze (già fatte), di un'estate clemente e di muffins ai mirtilli

Ma come si sta bene in questi giorni a Firenze!

Aria fresca, nuvole a schermare il sole e a dare tregua a chi, invece di spassarsela al mare o in montagna, è in città.

Dopo una breve e quasi paradisiaca vacanza nelle campagne tra Siena e Grosseto (il "quasi" è dovuto ad un incontro notturno e ravvicinato, nella camera dell'agriturismo in cui dormivamo, con alcuni ragnoni che mi hanno terrorizzato; lo sapete, sì, che sono un'aracnofobica di fama mondiale), allietata dall'ottima compagnia di carissimi amici - e anche dall'abbondanza di buon cibo e buon vino con cui ci siamo deliziati giorno e notte - io e la Spia siamo tornati, come si suol dire, alla base.

Ben felici di tornarci, tra l'altro. 
Entrambi amiamo trascorrere il mese di agosto in città, tranquilli tranquilli a fare ognuno le proprie robine.

Il cortile interno (quello della quercia di cui parlavo qui) è silenzioso: ogni tanto si sente qualcuno ascoltare musica o parlare al telefono, ma per lo più le nostre giornate sono soprattutto accompagnate dal cinguettìo degli uccelli e dal miagolìo di qualche gattone dei paraggi.

Un'estate serena e non proprio rovente: proprio ciò di cui sento di aver bisogno.

Si può persino usare il forno senza morire di caldo - non che il caldo mi abbia mai dissuasa dal cuocere arrosti o torte anche in piena canicola, a ben pensarci - e magari, approfittando di alcuni strepitosi mirtilli acquistati con gli amici del GAS, preparare in quattro e quattr'otto una bella teglia di muffins per la colazione della Spia (io, dopo gli ozi senesi - e soprattutto dopo i diversi chili di pecorino e gli svariati metri di salsicce e salamini transitati per le mie budelline papere - meglio che me ne stia a dieta).


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Blueberry and Almond Muffins da Rachel's Food for Living di Rachel Allen (con qualche modifica)


per 12 muffins

200 gr di farina 0
1 cucchiaino abbondante di lievito
1 cucchiaino di cannella
50 gr di farina di mandorle
125 gr di zucchero di canna (io uso il Golden Caster Sugar del commercio equo)
200 ml di latticello (io l'ho sostituito con la stessa quantità di latte alla quale ho unito il succo di mezzo limone, facendo, in sostanza, il soured milk; in teoria bisognerebbe poi lasciare a riposare per una notte. In pratica, da sciattona quale io sono, non lo faccio mai)
1 uovo
50 gr di burro fuso
100 gr di mirtilli
2 cucchiai di mandorle a lamelle

Preriscaldate il forno a 200° e preparate la vostra teglia per muffins: potete imburrare e infarinare ogni cavità, oppure,  come faccio io, servirvi di pirottini di carta colorata. 
Non è molto ecologico, ne convengo, ma poche cose in cucina rischiano di farmi venire una crisi di nervi quanto imburrare e infarinare le teglie da muffins (adesso comincia forse ad esservi più chiaro il motivo per cui la Spia dice che per certi versi io sono una deragliata). 
Sulle ragioni di questa mia idiosincrasia al momento non mi sento di indagare.

In una ciotola capiente setacciate la farina e il lievito, poi unite la cannella, la farina di mandorle  e lo zucchero.

In un'altra, più piccola, versate il latticello (o lo pseudo soured milk), l'uovo e il burro fuso e amalgamate con una frusta a mano. 
Indi, come in tutte le ricette di muffins che si rispettino, versate gli ingredienti liquidi nella ciotola di quelli secchi, mescolate con una forchetta giusto per amalgamare, ma non esagerate: come dice Nigellona, più l'impasto è grumoso più i muffins saranno leggeri.
Infine, unite delicatamente i mirtilli.

Deponete cucchiaiate di impasto nei pirottini, poi distribuite sulla superficie le mandorle a lamelle e fate cuocere in forno per circa 20'.

Enjoy!



lunedì 4 luglio 2011

No alla censura

Chi ogni tanto passa di qui sa che sono state davvero rare le occasioni in cui mi sono mobilitata attraverso le pagine di questo blog. 

Un po' per carattere e per inclinazione, un po' perché questo spazio non è mai stato pensato come luogo di attivismo sociale o politico, assai di rado ho partecipato ad iniziative collettive promosse da altri bloggers o siti web.

Ma stamattina,  facendo il mio giro di letture sulla rete, mi sono imbattuta in questo post di Alberto Cane e ho sentito di dover fare qualcosa.

Molto poco, come si vede. E in parte, ad essere sincera, condivido le perplessità di cui parla lo Zio Scriba in un suo commento - oggetto di un altro post nel blog di Alberto, lo trovate qui.

Pure, ho l'impressione che sottrarsi alla possibilità di fungere da specchio o da cassa di risonanza, per quanto piccolo possa essere il mio contributo in questo senso, non sia cosa buona e giusta.

Ecco dunque il testo del post di Alberto, verbatim
Meglio di come l'ha scritto lui, io non avrei potuto. 
Vi invito a leggerlo e a diffondere almeno la notizia: forse sono la solita bella addormentata, ma io dell'intera faccenda ero completamente all'oscuro fino a stamattina - e ringrazio dunque Alberto per avermi offerto questa informazione. 
Mai come in questi casi ignoranza significa impotenza.

Buona giornata a tutti!

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Mercoledì 6 luglio l'AgCom voterà una delibera con cui si arrogherà il potere di oscurare siti internet stranieri e di rimuovere contenuti da quelli italiani, in modo arbitrario e senza la sentenza di alcun giudice. È una decisione gravissima, forse anche ingenerata dall'importanza che internet, e nello specifico social network e blog, ha avuto nelle recenti tornate elettorali. È una decisione di uno Stato dittatoriale e che ricorda la censura in situazioni di guerra.

Il tam tam sulla Rete sta aumentando di ritmo e di intensità e adesso anch'io mi unisco alla protesta per questa porcata.

Qualcosa si può fare, e riporto i suggerimenti di metilparaben
  • se sei un blogger scrivi un post, usando il logo che vedi qua sopra e riportando tutti i link, e diffondilo più che puoi tra quelli che conosci;
  • vai alla pagina di Agorà Digitale in cui sono raccolti tutti i link, le iniziative e le proposte dei cittadini;
  • firma e diffondi la petizione sul sito di Avaaz;
  • partecipa e invita tutti i tuoi amici a "La notte della rete": 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa del web, politici, giornalisti, cantanti, esperti.