E allora dunque, la primavera è qui, già da un po'.
La cara Wenny si lamentava, qualche giorno fa, del fatto che sia arrivata troppo presto, scippandola in anticipo dell'ultimo scampolo d'inverno (e mi ha fatto morire dal ridere sbeffeggiando bonariamente i turisti, che qui a Firenze, già da un mese e mezzo, girano per il centro in infradito e canottiera; lei li chiama "nudisti"; io, tra me e me, li ho sempre appellati "gli smutandati").
Io non mi lamento troppo, anche se con la primavera ho un rapporto complesso (ne ho sproloquiato qui).
Di sicuro soffro di una sindrome primaverile, che tra i suoi effetti più vistosi e imbarazzanti ha quello di farmi addormentare praticamente ovunque e nei momenti meno opportuni (per poi lasciarmi insonne di notte, quando dovrei dormire) e di farmi essere ancora più svagata e distratta del solito.
La Spia, poveretto, che già è abituato a dirmi le cose un paio di volte - sono notoriamente sorda; o meglio, capisco fischi per fiaschi, che forse è peggio - tra poco passerà direttamente a comunicare con me attraverso grandi cartelli disegnati e vivacemente colorati, per vedere di attirare la mia attenzione e soprattutto nella speranza che io ricordi ciò che mi ha detto (ché di questi tempi io mi dimentico da qui a lì).
La quercia del cortile è un tripudio di verde tenero e fresco; nel mio balcone ci sono due nuove edere, due gerani rossi nuovi nuovi, una lavanda che sta per resuscitare (speriamo, speriamo), i miei due gelsomini che cominciano a stiracchiarsi, mentre sul balcone della cucina sono riapparsi la salvia, il timo, il basilico, la menta. L'alloro, donatomi dalla mia amica Chiara circa un anno fa, sta mettendo nuove foglioline fragili e verdissime: uno spettacolo.
Difficile però pensare che queste giornate indubbiamente magnifiche, assolate e tiepide, non nascondano una vera iattura per le nostre campagne. Non piove da non si sa più quanto e la cosa non può far piacere a nessuno.
Voglio essere ottimista, però, e credere nella possibilità di una primavera mite e un po' piovosa.
Speriamo speriamo speriamo.
Ma non ci immalinconiamo!
La ricetta di oggi è quella di una torta davvero buona, da fare con le ultime arance della stagione (quest'anno con il gas io e la Spia ne abbiamo comprati circa 50 kg - non scherzo) e con le mandorle: una ricetta preziosa se, vittime della sindrome della primavera, ci si accorge di avere ordinato per ben due volte in meno di un mese circa 2 kg di mandorle siciliane.
Aspettatevi altre ricette in tema!
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Almond & Orange Cake (da Entertaining at Home, di Rachel Allen), con modifiche
(per una tortiera di 20 cm di diametro)
per la torta:
100 gr di burro, a temperatura ambiente
125 gr di zucchero (in origine 175 e semolato; io ho usato il Demerara del commercio equo che ho passato per un attimo nel tritatutto - è abbastanza grosso -)
3 uova
il succo e la scorza finemente grattugiata di un'arancia
1 cucchiaino di lievito per dolci
150 gr di mandorle tritate (in origine 100 gr + 50 di farina)
per lo sciroppo:
75 gr di zucchero a velo
il succo di un'arancia
1 cucchiaio di Cointreau o Grand Marnier (io ho usato il Grand Marnier perché quello ho in casa)
Preriscaldate il forno a 180°. Imburrate la teglia e foderatene la base con carta da forno.
Lavorate con le fruste il burro fino a quando non sia morbido.
(Se, come me, raramente vi ricordate di tirare fuori il burro in anticipo perché sia a temperatura ambiente quando cominciate a fare una torta, ovviate al problema usando un pelapatate: ricaverete delle "strisce" sottili che si lavorano benissimo).
Aggiungete poi lo zucchero e continuate ad usare le fruste fino a quando il composto non sia soffice; poi unite le uova, uno alla volta, la scorza e il succo dell'arancia.
Con un colino setacciate il lievito (può sembrare eccessivo, ma non c'è niente di peggio che ritrovarsi sotto i denti un piccolo grumo amarognolo di lievito non setacciato), infine aggiungete le mandorle tritate.
In forno per circa 30'-40' (io metto il timer a 30' ed eventualmente do alla torta altri 5'-10', dipende da come gira al mio forno; per esser sicura, faccio comunque la prova dello stecchino, che dovrà uscire pulito): la torta sarà piuttosto scura.
Nel frattempo, preparate lo sciroppo: in un pentolino su fuoco dolce mettete lo zucchero a velo e il succo dell'arancia. Il tempo necessario perché lo zucchero si sciolga: 1'-2' minuti et voilà. Vi basta aggiungere il cucchiaio di liquore e mettere da parte.
Quando la torta è pronta, sforacchiatela giudiziosamente con lo stecchino e versateci sopra lo sciroppo.
Tiepida è molto buona (magari servita con un po' di panna appena addolcita da zucchero a velo e con un po' di Cointreau o Grand Marnier), ma anche fredda.
Si tratta ovviamente di una torta molto umida, di quelle che si sbriciolano un po' quando le tagliate - dandovi una splendida scusa per smangiucchiarne quantità allarmanti tra una fetta e l'altra: proprio una torta di quelle che piacciono a me.
Enjoy!