mercoledì 28 marzo 2012

Della sindrome della primavera, di speranze e di una torta alle mandorle

E allora dunque, la primavera è qui, già da un po'.

La cara Wenny si lamentava, qualche giorno fa, del fatto che sia arrivata troppo presto, scippandola in anticipo dell'ultimo scampolo d'inverno (e mi ha fatto morire dal ridere sbeffeggiando bonariamente i turisti, che qui a Firenze, già da un mese e mezzo, girano per il centro in infradito e canottiera; lei li chiama "nudisti"; io, tra me e me, li ho sempre appellati "gli smutandati").

Io non mi lamento troppo, anche se con la primavera ho un rapporto complesso (ne ho sproloquiato qui).

Di sicuro soffro di una sindrome primaverile, che tra i suoi effetti più vistosi e imbarazzanti ha quello di farmi addormentare praticamente ovunque e nei momenti meno opportuni (per poi lasciarmi insonne di notte, quando dovrei dormire) e di farmi essere ancora più svagata e distratta del solito.

La Spia, poveretto, che già è abituato a dirmi le cose un paio di volte - sono notoriamente sorda; o meglio, capisco fischi per fiaschi, che forse è peggio - tra poco passerà direttamente a comunicare con me attraverso grandi cartelli disegnati e vivacemente colorati, per vedere di attirare la mia attenzione e soprattutto nella speranza che io ricordi ciò che mi ha detto (ché di questi tempi io mi dimentico da qui a lì).

La quercia del cortile è un tripudio di verde tenero e fresco; nel mio balcone ci sono due nuove edere, due gerani rossi nuovi nuovi, una lavanda che sta per resuscitare (speriamo, speriamo), i miei due gelsomini che cominciano a stiracchiarsi, mentre sul balcone della cucina sono riapparsi la salvia, il timo, il basilico, la menta. L'alloro, donatomi dalla mia amica Chiara circa un anno fa, sta mettendo nuove foglioline fragili e verdissime: uno spettacolo.

Difficile però pensare che queste giornate indubbiamente magnifiche, assolate e tiepide, non nascondano una vera iattura per le nostre campagne. Non piove da non si sa più quanto e la cosa non può far piacere a nessuno.

Voglio essere ottimista, però, e credere nella possibilità di una primavera mite e un po' piovosa. 
Speriamo speriamo speriamo.

Ma non ci immalinconiamo!

La ricetta di oggi è quella di una torta davvero buona, da fare con le ultime arance della stagione (quest'anno con il gas io e la Spia ne abbiamo comprati circa 50 kg - non scherzo) e con le mandorle: una ricetta preziosa se, vittime della sindrome della primavera, ci si accorge di avere ordinato per ben due volte in meno di un mese circa 2 kg  di mandorle siciliane. 

Aspettatevi altre ricette in tema!

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Almond & Orange Cake (da Entertaining at Home, di Rachel Allen), con modifiche

(per una tortiera di 20 cm di diametro)

per la torta:

100 gr di burro, a temperatura ambiente
125 gr di zucchero (in origine 175 e semolato; io ho usato il Demerara del commercio equo che ho passato per un attimo nel tritatutto - è abbastanza grosso -)
3 uova
il succo e la scorza finemente grattugiata di un'arancia
1 cucchiaino di lievito per dolci
150 gr di mandorle tritate (in origine 100 gr + 50 di farina)

per lo sciroppo:

75 gr di zucchero a velo
il succo di un'arancia
1 cucchiaio di Cointreau o Grand Marnier (io ho usato il Grand Marnier perché quello ho in casa)

Preriscaldate il forno a 180°. Imburrate la teglia e foderatene la base con carta da forno.

Lavorate con le fruste il burro fino a quando non sia morbido. 
(Se, come me, raramente vi ricordate di tirare fuori il burro in anticipo perché sia a temperatura ambiente quando cominciate a fare una torta, ovviate al problema usando un pelapatate: ricaverete delle "strisce" sottili che si lavorano benissimo).

Aggiungete poi lo zucchero e continuate ad usare le fruste fino a quando il composto non sia soffice; poi unite le uova, uno alla volta, la scorza e il succo dell'arancia.

Con un colino setacciate il lievito (può sembrare eccessivo, ma non c'è niente di peggio che ritrovarsi sotto i denti un piccolo grumo amarognolo di lievito non setacciato), infine aggiungete le mandorle tritate.

In forno per circa 30'-40' (io metto il timer a 30' ed eventualmente do alla torta altri 5'-10', dipende da come gira al mio forno; per esser sicura, faccio comunque la prova dello stecchino, che dovrà uscire pulito): la torta sarà piuttosto scura.

Nel frattempo, preparate lo sciroppo: in un pentolino su fuoco dolce mettete lo zucchero a velo e il succo dell'arancia. Il tempo necessario perché lo zucchero si sciolga: 1'-2' minuti et voilà. Vi basta aggiungere il cucchiaio di liquore e mettere da parte.

Quando la torta è pronta, sforacchiatela giudiziosamente con lo stecchino e versateci sopra lo sciroppo.

Tiepida è molto buona (magari servita con un po' di panna appena addolcita da zucchero a velo e con un po' di Cointreau o Grand Marnier), ma anche fredda. 

Si tratta ovviamente di una torta molto umida, di quelle che si sbriciolano un po' quando le tagliate - dandovi una splendida scusa per smangiucchiarne quantità allarmanti tra una fetta e l'altra: proprio una torta di quelle che piacciono a me.


Enjoy!


lunedì 26 marzo 2012

Bugiarda no, reticente di Franca Valeri


Che Franca Valeri fosse un'attrice dotata di finissima, sottile ironia lo sapevo già.

Che fosse una donna tanto intelligente, date le premesse, lo avevo intuito, anche dalle interviste che mi è capitato di ascoltare o leggere negli anni.

Ma che potesse scrivere in modo tanto personale, originale e brillante è stata per me una vera, gradita sorpresa.

Leggendo questa sorta di autobiografia si ha davvero l'impressione di trovarsi di fronte ad un individuo assai particolare, dotato di processi emotivi ed intellettuali assolutamente unici e personali e liberi.

Si sente, in ogni pagina, il piacevole ronzio di una mente sveglia, curiosa, indipendente, adamantina, che si accompagna, in armonioso contrappunto, a una sensibilità accesa, autentica, espressa in modo pudico, sobrio, con elegante, femminilissima e a tratti burbera reticenza, appunto.

Da grande signora quale è sempre stata per nascita e temperamento, con un filo di divertito snobismo ogni tanto la Valeri snocciola qualche incontro importante con personaggi quasi mitici (la conversazione con Laurence Olivier con in mano un piatto di pasta; lo scambio di battute con Charlie Chaplin dietro il sipario di un teatro parigino), o parla con svagata, divertita leggerezza delle sue storie d'amore (dalle quali, si intuisce, ha avuto anche lei la sua dose di sofferenze e delusioni, tutte vissute – apparentemente – con intelligente ironica accettazione, appena appena velata di amarezza) o descrive con compiaciuta precisione certi suoi abiti favolosi indossati per un concerto memorabile o per le sue serate alla Scala di quand'era bambina.

Di qualunque cosa parli, la Valeri non annoia mai e spesso fa riflettere.

Ho amato moltissimo (e non poteva essere altrimenti) una breve pagina dedicata ai cani e ai gatti che le hanno sempre fatto compagnia, ritrovando nella commossa e secca sua sinteticità, l'espressione esatta e calzante del mio sentire:

“Si sappia che io parlo molto con i miei cani e gatti. Ci capiamo a dei vertici che possono sembrare folli agli increduli, ma non ai padroni dei cani. Non è semplice comprendere la portata vitale della presenza di un cane e di un gatto in casa. Vuol dire garantirsi contro la solitudine in un modo gioioso, sereno, senza paure. In questo senso l'animale ha dei poteri soprannaturali. Io lo penso.”


Franca Valeri, Bugiarda no, reticente, Einaudi 2010.


domenica 11 marzo 2012

Di pregiudizi e limiti mentali e di un gratin di cavolfiori e noci

Per il cavolfiore non ho mai avuto particolare simpatia.
Anzi, diciamola tutta e senza mezzi termini: a me il cavolfiore ha sempre fatto cordialmente ribrezzo.
Il suo odore, da cotto, mi suscita davvero brividi di disgusto.

Proprio per questo il mio programma di rieducazione alimentare (di cui ho più volte parlato)  non poteva non includere questo prezioso frutto della terra - peccato l'odore, accidenti, ma non si poteva evitarlo in qualche modo? mi chiedo.

Comunque, anni fa, quando ero vegetariana, scoprii che mangiato crudo in insalata, tagliato fine fine con una mandolina, con pezzettini di prugne secche o uvetta e mandorle tostate e condito con una vinaigrette delle più semplici, mi piaceva molto. 
Peccato che il mio colon non fosse affatto entusiasta di questa mia scoperta. 
Dopo 3 o 4 tentativi dalle conseguenze tragicomiche (più tragiche che comiche), ho capito che il cavolfiore crudo per me, anche se godibile, è veleno.

E dunque bisognava cuocerlo.
Il primo passo è stato chiaramente utilizzarlo per condirci la pasta, con una ricetta simil-siciliana: due filetti di acciuga sciolti in padella insieme a un cucchiaio d'olio e a uno spicchio d'aglio schiacciato, pane grattato, uvetta, pinoli e abbondante pecorino grattugiato (ma date un'occhiata a questa ricetta della Gaia Celiaca, molto più seria della mia).

Io, però, non sono una grande mangiatrice di pasta (eh ma quante fisime, qualcuno penserà, e a ben donde), e allora ho cercato e cercato ricette che potessero sembrarmi anche poco poco attraenti.

E alla fine ne ho trovata una: la parolina magica è stata "noci" (l'ho già detto qui che sono una frutta secca-dipendente).

La ricetta è semplice, rapida e io non posso che raccomandarvela con l'entusiasmo ingenuo e vagamente molesto del neofita (e anche con quella soddisfazione un po' idiota che provo sempre quando riesco a superare un mio pregiudizio, o un limite più che altro mentale - capita anche a voi?).

L'ho presa dal numero di gennaio di Cucina Naturale, una rivista che compro da qualche mese e che finora mi ha convinta: mi piacciono la sua attenzione ai prodotti di stagione, il suo taglio salutista ma senza estremismi, la sua spiccata predilezione per la cucina vegetariana e le preparazioni semplici. 
A me pare che sia un'alternativa valida, meno glamour e patinata ma più sobria, a Sale & Pepe (la cui lettura, per alcuni motivi che ho spiegato qui, trovo spesso imbarazzante).

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Gratin di cavolfiori, patate e porri con formaggio e noci

(per 4 persone)

1 cavolfiore da circa 700 gr
2 patate
2 porri
60 gr di formaggio grattugiato (nella ricetta originale bitto o groviera; io ho sempre usato del pecorino fresco acquistato col mio gas)
40 gr di un misto di noci, mandorle e nocciole pelate
1 spicchio d'aglio
100 ml di latte intero (nella ricetta originale parzialmente scremato)
sale, pepe bianco, noce moscata
burro per lo stampo

Preriscaldate il forno a 250°.

Tritate finemente ma senza ridurla in polvere la frutta secca e tostatela in una padella a secco.

Pulite il cavolfiore e con una mandolina o un coltello riducetelo a fettine sottili (se le cimette si sbriciolano nessun problema); fate lo stesso con le patate sbucciate e con i porri.

Cuocete al vapore le verdure per 5'-6' (ma regolatevi voi; dipende dallo spessore delle fettine in cui avete tagliato le verdure).

Strofinate lo spicchio d'aglio senza pelle sul fondo e sui bordi di una pirofila da forno di circa 25 cm di diametro; ungete poi con un poco di burro e ricoprite con le fettine di verdure. 
In teoria bisognerebbe creare degli strati ordinati e alternati di patate, porri e cavolfiori; io, che sono una nota sciattona impaziente, in genere rovescio di malagrazia le verdure un po' per volta, le sistemo alla bell'e meglio con un mestolo o la mano, poi le copro con un po' di formaggio grattugiato (lasciatene un po' per l'ultimo strato), condisco con sale, pepe bianco e noce moscata e vado avanti così fino alla fine.

Sull'ultimo strato versate il resto del formaggio, il latte e infine spolverate con il misto di frutta secca tostata.
Mettete in forno per circa 10', poi spostate la pirofila in alto e accendete il grill per 5'.

Aspettate qualche minuto prima di mangiare questo gratin, altrimenti potrete rischiare l'effetto pomodorino di Fantozzi (che io conosco bene, ché la Spia me ne dà quasi quotidianamente un'accurata e fedele interpretazione).

Enjoy!


domenica 4 marzo 2012

Sunday Music: You've Got a Friend - Lucio Dalla

Non ho mai amato particolarmente Lucio Dalla, non come ho amato e amo altri artisti.
Non è mai stato uno dei miei cantanti preferiti, anche se ci sono tante sue canzoni che mi piacciono, molto.

Da molti anni, poi,  a livello musicale non mi sembrava nemmeno più lui: forse un altro caso di quelle abduzioni aliene che secondo la Spia spiegano alcune misteriose e altrimenti inspiegabili evoluzioni di cantanti, attori, registi, scrittori che all'improvviso sembrano prendere strade assai lontane da quelle che ce li hanno fatti amare e scelgono modi di esprimersi che non sentiamo più affini alla nostra sensibilità e che sembrano tanto in contrasto con quelli di cui si sono serviti fino ad allora.

Ma cambiare è il destino di tutti, è il destino di tutto ciò che è vivo, e tant'è. 

Dell'uomo Lucio Dalla non so ovviamente nulla.
Mi ha molto colpito, però, il ritratto che ne ha fatto una persona che lo conosceva bene, Michele Serra, che lo ha dipinto come un amico con cui non ci si annoiava neanche un secondo, un artista generoso, uno di quelli che se sentiva la nuova canzone di un suo collega e la trovava bella gli telefonava per dirglielo, o che ti mandava un biglietto con su scritto il titolo di un libro nel quale, secondo lui, avresti potuto trovare delle cose interessanti per te; un uomo curioso, degli altri e del mondo, che non ha mai smesso di imparare e di appassionarsi alla vita. 

Un uomo la cui morte è ancora più dolorosa e triste perché è morto da uomo ben vivo. 
E questo non è da tutti.

Quanto a me, uno dei ricordi più dolci ed emozionanti della mia vita sentimentale è legato alla canzone che ho scelto oggi. 
Risentirla, ogni volta, significa rivivere quel momento, ritrovarmi lì, annullato lo spazio e annullato - soprattutto - il tempo.
Una magia della quale gli sarò sempre grata.

Mi piace ricordarlo così, nel giorno del suo compleanno.