martedì 3 novembre 2009

Dell'apparenza, di passioni colpevoli e segrete, dell'amicizia e di una torta di cipolle


Quante volte ci siamo sentiti dire 'L'apparenza inganna'?
E quante altre l'abbiamo detto noi, magari agitando l'indice stile maestrina, o scoccando al nostro interlocutore uno di quegli sguardi che dicono 'Ascolta me che sulla vita ne so a pacchi'?

Pure, viviamo in un mondo in cui l'apparenza è tenuta in così alta considerazione che, sebbene a parole ne si condanni il culto, in realtà (proprio obbedendo alle sue leggi), le si sacrifica spesso e volentieri la sostanza, la verità, la sincerità.

Chi tra di noi può affermare, in perfetta buona fede, di fregarsene altamente di come appare agli altri? Quante persone conoscete che davvero vivono non curandosi del proprio aspetto, ma concentrandosi esclusivamente sulla propria 'sostanza', per così dire? Quanto vi preoccupate, voi, di quanto gli altri pensano siate magri/grassi/alti/bassi/belli/brutti/eleganti/sciatti?

Ma non bisogna limitarsi a questa sola dimensione della questione.
L'apparenza non riguarda soltanto l'aspetto fisico di una persona, ma anche quanto intelligente o sensibile o efficiente o ironica o quant'altro vuole apparire. Si può essere preoccupati di non sembrare abbastanza colti o fighi, trasgressivi o rispettabili, simpatici o inquieti, comprensivi o tolleranti. Esiste una gamma pressoché infinita di caratteristiche che si può voler far pensare agli altri di possedere.

Personalmente, conosco ben poche persone che si presentano esattamente per quello che sono, che non costruiscono (consapevolmente o no) nessun personaggio intorno a loro stesse, esaltando alcuni lati del loro carattere, rimuovendone ed occultandone altri, minimizzandone altri ancora.

Io, di certo, non faccio parte della categoria. Benché da tempo mi riprometta di vivere il più possibile aderendo a quella che sento essere la mia vera 'essenza' (che però è spesso in movimento e cambia e si modifica un poco a seconda delle esperienze che nel frattempo faccio e delle persone che incrociano la mia strada, o meglio, si mette gradualmente sempre più a fuoco, divenendo sempre più chiara e dunque apparendo a volte leggermente diversa da quella che appariva anche solo un'ora fa), confesso che molte sono le volte in cui darle voce mi imbarazza, mi mette in difficoltà, mi crea problemi.

Per esempio, come dire a qualcuno che ti ha appena regalato un oggetto che tu reputi mostruoso e che sai già non potrai assolutamente tenerti in casa, pena un attacco fulmineo di squallore che ti getterà in abissi di sconforto e prostrazione ogniqualvolta gli occhi ti ci cadranno sopra, che, grazie molte del regalo, ma quella cosa lì tu non la vuoi tenere, anzi, non la PUOI tenere?

Io non sono mai stata in grado di dire una cosa del genere. In passato, ritenevo fuori discussione anche solo disfarmi dell'oggetto in questione, sentendomi tremendamente in colpa per il solo fatto di non averlo trovato di mio gusto.

Negli anni (complici anche quattro traslochi in poco più di otto anni e dunque l'esigenza di fare periodicamente un bel repulisti), sono giunta invece ad una sorta di compromesso per me assai soddisfacente. Ringrazio molto la persona che mi ha fatto omaggio della mostruosità, poi, in un esercizio sempre molto utile in generale, mi concentro sui lati positivi della suddetta mostruosità (magari anche solo sul colore, e se non si salva nemmeno quello sul materiale, e se anche quello è da buttar via 'la butto in caciara', come si dice a Roma, vale a dire che cerco di trarne spunto per rimbambire l'altra persona di chiacchiere e non farle capire che il suo dono mi ha letteralmente lasciata basita). Infine, appena posso, serenamente e senza alcun complesso e senso di colpa, me ne disfo: lo do a qualcun altro, in genere, ché il mondo è bello perché è vario (e ce ne dimentichiamo troppo spesso), e ciò che io trovo repellente o squallido può davvero mandare in visibilio un'altra persona. Annullo i sensi di colpa perché in cuor mio e a parole ho davvero ringraziato chi mi ha fatto il regalo, dunque non rifiuto il pensiero, non rifiuto il sentimento che è dietro il dono, anzi, lo onoro e me ne sento onorata. Rifiuto l'oggetto, di cui non ho bisogno, che non apprezzo, e lo rimetto in circolo.

Da qui a dire all'altra persona 'Sai, la cosa che mi hai regalato la trovo davvero repellente, però ho apprezzato moltissimo il pensiero e l'attenzione nei miei confronti che hai voluto esprimermi tanto gentilmente attraverso di esso; ho apprezzato talmente tanto e ne sono stata talmente felice che ho voluto dare questa gioia a qualcun altro e il tuo regalo l'ho dato a Tizio, che ne è stato entusiasta', ce ne vuole. Infatti questo secondo passaggio in genere non lo faccio mai. Ma spesso non c'è bisogno di renderne partecipe 'il donatore'. Nel caso sia una persona a me intima, il problema non si pone: difficilmente ricevo regali mostruosi da chi davvero mi conosce bene; nel caso invece sia una persona con cui ho tutto sommato poca confidenza non è necessario esplicitare il concetto. E' una cosa tra me e me.

Un altro caso per me penoso di gestione del mio 'vero me', per dirla un po' alla burina, è costituito dai miei gusti gastronomici, che spesso sono di una rozzezza e di una dozzinalità che io per prima trovo sconcertanti.

Da adolescente avevo una passione colpevole per i fast food. Appena avevo due lire in tasca, scappavo nel primo McDonald's per mangiarmi un hamburger e bermi con incredibile soddisfazione un milk shake alla fragola.
Poi, ai tempi delle superiori, frequentando un liceo gremito di aristofreaks, in cui per vezzo e per moda si disdegnavano simili cibi e si andava in deliquio o per il riso integrale col tamari (se si era aristo) o per una classica rosetta con la mortadella (se si era semplicemente freaks), mai mi sarei fatta sorprendere anche solo in prossimità di un fast food, figuriamoci dentro e magari con un panino in bocca e un'espressione di beatitudine sulla faccia.

Lo dico a rischio di perdere quel po' di stima che mi sono conquistata nel tempo presso alcuni dei lettori di questo blog, ma anche in questo istante, se mi si mettesse sotto il naso uno di quegli orridi panini mosci con su quattro-semi-quattro di sesamo (per dargli un'aria vagamente salutista?) con dentro un hamburger di dubbissima origine, il cetriolino sottoaceto d'ordinanza e magari un bel ricciolo di senape, lo addenterei con un certo gusto. Oh, l'ho detto!

E poi mi piacciono i dolci un po' ignoranti, esagerati, alieni da qualsiasi concetto di sobrietà e misura. Pan di spagna farciti di etti di crema al burro, glasse spesso un dito e lucide fino alla volgarità di cioccolato fondente, montagne di panna montata, dischi di meringa sovrapposti e intervallati da strati di mousse al cioccolato. Attentati alla salute, più che dolci.

E, parlando di piatti salati, mi piace qualunque cosa abbia tra i suoi ingredienti del formaggio. Tanto, se possibile. Meglio se saporito e magari filante. A volte, benché non sia previsto nella ricetta, e anche se non c'entra niente col resto degli ingredienti, lo aggiungo io. Cerco di mantenermi nei limiti della decenza e del commestibile, ma a volte sono pericolosamente vicina al superarli.

Riguardo alla ricetta di oggi, fa parte a pieno titolo di quel genere che non si potrebbe assolutamente definire né elegante, né sofisticato, né, probabilmente, decente. Tanto per capirsi, io se fossi in voi non preparerei questo piatto la sera in cui, per la prima volta, invitate a cena a casa vostra i futuri suoceri o il capufficio e volete impressionarli. Ecco.

Se invece vi capitano tra capo e collo degli amici fraterni, di quelli con i quali escono fuori serate casalinghe all'insegna del cazzeggio e della stupidera (le mie preferite, per inciso) e coi quali in passato avete fatto gare di rutti e vacanze spericolate e hanno visto davvero il peggio - e il meglio - di voi, allora questo piatto è perfetto.

A me piace moltissimo.
Date le premesse, non dovrebbe sorprendere che questa ricetta proviene da un libro della nostra cara Nigellona, precisamente How to Be a Domestic Goddess.
Si tratta di una torta di cipolle, una supper onion pie, molto semplice, una specie di tarte tatin.
Nigella introduce la ricetta con queste parole:

Questo è proprio ciò che ho voglia di mangiare a cena quando fa buio presto e sono stanca.

Mi pare un'ottima introduzione.


per una tortiera di 24 cm di diametro

4 cipolle rosse (circa 750 gr.)
1 cucchiaio di olio d'oliva
25 gr. circa di burro
3-4 rametti di timo fresco (o 1/2 cucchiaino di timo secco)
150 gr. di formaggio grattato (nella ricetta originale è previsto il Cheddar o il Groviera; io in genere uso quello che trovo in frigo, avanzi, per lo più, ma sempre sempre sempre deve esserci una bella quantità di pecorino, che adoro, e magari un formaggio meno saporito, come l'Asiago o un formaggio vaccino)

per la pasta:
250 gr. di farina
1 cucchiaino scarso di lievito
1 cucchiaino di sale
100 ml di latte
40 gr di burro, fuso (questa volta l'ho dimenticato; l'ho fuso diligentemente nel pentolino, ma poi non l'ho aggiunto agli altri ingredienti; non mi pare che la ricetta nel complesso ne abbia risentito, anzi; dunque io quasi quasi lo eviterei tout court, una volta tanto che si può rinunciare a un po' di calorie senza compromettere irrimediabilmente l'equilibrio di una ricetta)
1 cucchiaino scarso di senape inglese in polvere
1 uovo

Preriscaldare il forno a 200°.

Pulite e tagliate le cipolle a metà; tagliate ogni metà in 4-6 spicchi.

Cuocetele in una padella in cui avrete fatto sciogliere il burro e l'olio, a fuoco medio, mescolando regolarmente, per circa 30'. Devono essere morbide, altrimenti (come ho già detto altrove) le digerirete a Pasqua.

Salatele e pepatele, aggiungete il timo, trasferitele nella tortiera e ricopritele con 50 dei 150 gr. di formaggio grattugiato.

Fate la pasta: schiaffate tutto nella coppa del robot da cucina. Quando gli ingredienti cominciano a fare la palla, tirate fuori tutto e, sul piano infarinato o su un foglio di carta da forno (se siete un po' Furio come me), con il mattarello stendete l'impasto fino a ricavare un disco poco più grande della tortiera. Adagiatelo sulle cipolle e sul formaggio, rimboccatene i bordi, così da 'sigillare' le cipolle.

Mettete in forno per 15', poi abbassate la temperatura a 180° e fate cuocere per altri 10': la pasta sarà dorata e croccante.

Tirate fuori dal forno, aspettate un paio di minuti, poi, con disinvoltura e sprezzo del pericolo, rovesciate la torta su un piatto da portata.

Servite e mangiate, condividendo con i vostri commensali qualche vostro orrendo e imbarazzante segreto (o meglio, quello che voi reputate essere un vostro orrendo e imbarazzante segreto; fa una bella differenza). Quando eravate piccole eravate innamorate di Sandro Giacobbe? Vi piacerebbe ancora andare in giro con le spalline sotto i maglioni come negli infausti anni ottanta ma non avete il coraggio di dirlo a nessuno? (oddio, questo è davvero molto grave).
Con questa torta di cipolle nello stomaco sarà un gioco da ragazzi liberarvi di questi pesi e confessare i vostri torbidi segreti agli amici.
Che vi amano esattamente per quello che siete, passione per Sandro Giacobbe e spalline stile Mazinga compresa.

Enjoy!

11 commenti:

  1. niente male questa pseudo tatin. adotterò il cucchiaino di senape nella pasta. quanto alle cipolle, mi permetto di aggiungere a ciò che dice Nigella che se in primo luogo le schiaffi nel microonde, a spicchi, per 10', diventano dolci come angeli. magari con l'aggiunta di un pezzetto di cannella.
    ancora: se invece di farle a spicchi le tagli a metà per il largo, e poi le appoggi sul fondo del tegame dalla parte del taglio, quando le rovescerai, specie se sono rosse, parranno un mazzo di rose millefoglie. Non mancherei di dar loro una lucidata finale con un giro d'olio d'oliva e di poggiare in su la cima un rametto di timo (voglio che tu le offra al capo ufficio).

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  2. Ciao Artemisia, bello riaverti qui!
    La mia dolce metà non è convinta che il forno a microonde sia solo un elettrodomestico; in base a certe oscure, irrazionali e vaghe ansie, mi ha sempre impedito di acquistarne uno (oddio, si vive benissimo anche senza, tant'è vero che non mi sono mai ribellata al suo divieto; ma ogni tanto, come nel caso cui fai riferimento tu, farebbe tanto comodo averne uno).
    Bella l'idea del mazzo di rose; io a simili raffinatezze estetiche non arriverò mai neanche in un milione di anni!
    Quanto al capo ufficio, mi dispiace ma non ne ho, e la suocera mi conosce ormai da tanti anni e (grazie a Dio, sono una mortale fortunata) non ho bisogno di fare su di lei una buona impressione!
    A presto!

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  3. Oddio, che shock!
    Scopro adesso che mi accompagno da 10 anni con una donna che ama gli hamburger di Mc Donald's e parla di gare di rutti!
    Prima che scada la garanzia devo farmi ridare dal suocero i due cammelli e la vecchia lavatrice che ha voluto in cambio. Proprio vero che non ho mai avuto il senso degli affari!

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  4. la gara di rutti mi è garbata! mi sono tornati in mente vecchi compagni delle medie che sapevano vocalizzare l'intero alfabeto a suon di rutti. (che invidiaaa... ;))

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  5. ah mi diverto leggendoti,
    mi piaciono anche a me le tatin, ma hai raggione, no sono decenti da presentare al capufficio ahaha anche perche, appunto, la tarte tatin e una tarte renversee !!!
    ah le apparenze ! e hai pensato anche alla realta virtuale e tante volte cosi diversa dalla realta che uno trasmette via un blog ? lo so, sto scoprendo l'acqua calda ...comunque da quello che leggo qui mi piacerebbe conoscerti di persona ... peccato che tu non leggi in portoghese ..

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  6. @ Tiziana: ah sì, grande invidia! Tengo a precisare, per non scioccare ulteriormente l'anima candida di mio marito, che non ho mai partecipato a gare di rutti, ma ho avuto cari amici che ne sono stati vittoriosi protagonisti e che mi intrattenevano con esaurienti ed appassionanti resoconti!

    @ Vera: sì che ci ho pensato alla realtà virtuale che si costruisce attraverso un blog; infatti penso che sia molto importante, quando si può, trasformare in un rapporto umano, con una persona in carne ed ossa, l'amicizia che a volte nasce tra le righe di un blog o di un social network. A costo di deludere le aspettative altrui o di veder deluse le proprie.
    Mi dispiace per il portoghese, accidenti! Ma ogni tanto faccio capolino 'a casa tua' e guardo le figure (come si diceva da piccoli).
    Grazie!

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  7. non ho scampo: esco con il mascara anche se devo solo buttare il pattume, quindi capisco bene chi non riesce del tutto a prescindere dalle apparenze! in fondo a mio parere è un piccolo filtro che ci salva dalle troppe osservazioni altrui. insomma non demonizzo chi ci fa caso e trovo che sia un atto di civiltà cercare di non trascurarsi. le cipolle, invece, le adoro proprio, anche caramellate nelle tatin. sono d'accordo con l'artemisia:basta anche per loro un tocco di mascara e anche l'ospite più impegnativo le rivaluterà. baci

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  8. duck sei uno spasso. me la sono ridacchiata fino in fondo: è un vero piacere leggerti.
    Mi è rimasto in testa il tuo liceo aristo-freaks, un classico forse?
    Gli hamburger e i mcdonald's, figurati, mi ci sono rivista appieno (ahhhh!!!), dire che adesso sono così salutista e intransigente :)))
    Quanto alla tatin, la farò presto. Domani credo, per il solo motivo che stasera ho la cena già pronta :)
    un bacione,

    wenny

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  9. @ Grazia: d'accordissimo con te quando dici che non trascurarsi è, prima di tutto, un atto di rispetto e di civiltà, per se stessi e per gli altri. Lo dice una che, lavorando da casa, rischia di infilarsi un paio di pantaloni della tuta alle 8 di mattina e restarci dentro fino alle 8 di sera, quando li sostituisce con un pigiamone. Mi forzo e cerco di rendermi presentabile, anche solo per stare alla mia scrivania incollata al computer.

    @ Wenny: allora non sono la sola ad avere qualche scheletro di hamburger nell'armadio! :-)
    Ovviamente il liceo di aristofreaks era un classico, noto a Roma per essere un covo di alternosnob (che cosa ci facessi io è un mistero da me ancora non risolto).
    Ricambio il bacione!

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  10. Mitica!!
    Le tue ricette, i tuoi consigli, il tuo modo di racocntarli mi fanno passare dei bei quarti d'ora anche quando le cose non vanno per il meglio! La Bionda legge le tue recensioni per decidere che libri comprare e io invece cerco idee per le cene familiari. Questa torta di cipolle la trovo straordinaria anche perche' non e' con la pasta brise' che faccio una fatica boia a stendere e ogni volta i risultati sono pessimi. Io la faro' presto (sperando di trovare la senape inglese in Albania) e a Dicembre la offriro' alla mia amata capa che verra in missione.
    Un abbraccione davvero grande.
    Cagozzi & Co.

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  11. Cagozzi carissimo,
    sono banale se dico che è sempre un enorme piacere sapere che insieme alla Bionda bazzichi nel mio tinello con cucina?
    Ma non c'è modo di convincere la Bionda ad avvicinarsi ai fornelli (e non solo per fregare qualche manicaretto da mangiarsi poi sul divano)?
    Ricambio l'abbraccione!
    :-)

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