Particolari
eleganti e graziosi
Indossare
su una veste rossa un'ampia e giovanile sopravveste candida. Le uova
di anatra. Un dolce di zucchero di vite, conservato nel ghiaccio e
presentato in una coppetta di metallo. I fiori di glicine. I fiori di
prugno quando su di essi fiocchi la neve. Un bambino graziosissimo
che mangi fragole.
Ecco
una delle tante liste compilate da Sei Shōnagon
- dama di corte devotissima all'imperatrice Sadako, vissuta in
Giappone nel X secolo d.C. - e contenute in queste sue Note del
guanciale.
In
queste pagine, scritte, come dice la stessa autrice, per mitigare
la noia di una vacanza a casa (…) pensando che nessuno le avrebbe
lette, di liste ce ne sono molte: di cose piacevoli, disarmoniche, brutte e luride, belle
se grandi, davvero antipatiche, che procurano un caldo
soffocante, che dovrebbero essere corte, che fanno bella
figura nella casa, antitetiche, rare, deludenti, irritanti, sgradevoli a udirsi, venerabili - e di
molte altre, catalogate sotto le più disparate etichette: un intero
universo, a noi lontanissimo nello spazio e nel tempo, inventariato e
catalogato.
La
donna che scrisse questo libro sembra aver avuto tutto dalla vita:
figlia di un notissimo e celebrato intellettuale del tempo ed
intellettuale stimata a sua volta, fu bella,
ricca, amata, desiderata e celebre per la raffinatezza, il senso
dell'umorismo e l'arguzia che la resero uno dei personaggi più in
vista della corte dell'imperatore Ichijō.
Col
piglio sicuro di chi è abituato a veder riconosciuta e tenuta in
considerazione la propria opinione, Sei Shōnagon rende noti
suoi gusti in modo personale e dettagliato: dai buoi ai gatti, dai
cavalli alle carte per la scrittura, dagli scudieri ai paggetti,
dalle più belle cascate del Giappone ai ponti, dai nomi dei villaggi
ai colori più adatti per le sopravvesti estive, questa donna aveva
un'idea precisa e personale su tutto e soprattutto pensava che
valesse la pena esprimerla.
La
lettura di questi suoi repertori è divertente, spesso piacevolissima
(Cose che procurano felicità. Leggere il primo volume di un
romanzo che non conoscevamo e riuscire poi a scovare l'attesissimo
secondo volume); a volte
ci si ritrova commossi, altre decisamente spiazzati; spesso si stenta
a credere di avere tra le mani un testo tanto antico, tali la
freschezza e la modernità di molte sue pagine.
Le
Note del guanciale sono però
anche un piccolo trattato di storia e antropologia: molte sono
infatti le descrizioni del complesso cerimoniale vigente alla corte
imperiale di Kyoto, brani affascinanti ma che non di rado ho trovato
noiosi, soprattutto perché i criteri rigidissimi che codificavano
capillarmente la vita quotidiana dei dignitari di corte mi sono
risultati molte volte assurdi e intollerabili, nel migliore dei casi
incomprensibili - anche con l'ausilio delle ottime note, curate da
Lydia Origlia.
Lo
stesso dicasi per tutte le pagine dedicate alle molte facezie e agli
scherzi che era abitudine scambiarsi a corte e che costituivano metro
di giudizio del valore e della statura intellettuale e morale di ogni
persona coinvolta: Sei Shōnagon
li racconta con grande divertimento – e a volte con spregiudicata
malignità - ma si sa, il senso dell'umorismo è una delle cose più
difficili da esportare, sia nello spazio sia nel tempo.
Quel
che comunque mi sembra di aver capito molto bene è che quello della
corte imperiale era un mondo chiuso, che dietro la sua raffinatezza e
i suoi minuziosi e complessi codici comportamentali nascondeva
crudeltà e meschinità terribili ed era pronto a giudicare
spietatamente e a fare a pezzi chiunque si macchiasse della minima
disattenzione: bastava presentarsi indossando la sopravveste del
colore sbagliato per l'occasione per essere oggetto del feroce e
spietato sarcasmo di tutti e per cadere in disgrazia.
Sebbene il
tono generale del libro sia dunque gaio e brillante, non mancano i
momenti in cui si sente vibrare un'accorata malinconia (Cose che
dovrebbero essere vicine ma che sono realmente lontane. Il paradiso.
I viaggi per mare. I rapporti umani.): il desiderio nostalgico di una vita
più semplice e la fatica di vivere in un mondo così difficile ogni
tanto devono aver pesato anche sulle aggraziate spalle di Sei Shōnagon.
Gli
anni che seguirono l'esperienza a corte non devono essere stati
allegri per lei; morta di parto la sua protettrice, malvista dalla
nuova imperatrice, cadde infatti in disgrazia. Si ritirò dunque
nella sua casa di campagna e visse anni di decadenza e abbandono: di
lei non si seppe più nulla o quasi; un triste epilogo per una vita
che per molti anni era stata brillante, spensierata e adorna di ogni
piacevolezza e raffinatezza.
Chissà
se lo spettacolo della natura - cui nel libro sono dedicate tra le
pagine a mio parere più belle – non più goduto dai balconi o
nella sontuosa cornice degli splendidi giardini delle varie residenze
imperiali in cui si svolgeva la vita di corte – continuò a rapire
e a sedurre la sua fantasia; chissà se negli ultimi anni della sua
vita, anche senza l'ausilio dei suoi mille, raffinatissimi
“talismani” - le scatole per la scrittura, i ventagli, i pettini,
i pennelli e i bastoncini d'inchiostro, le mille vesti confezionate
in ricchi e sontuosi tessuti nei colori da lei preferiti (Quanto
ai tessuti, le tinte che preferisco sono il viola, il bianco e anche
il rosso prugno, per quanto quest'ultimo, a lungo andare, stanchi)
- in luogo di sentirsi sconfitta e beffata dalla vita, Sei Shōnagon
pensava ancora ciò che, giovane, bella, celebre e sicura di sé,
aveva scritto:
Quando
mi sento così delusa da provare rancore verso il mondo intero, così
depressa da non avere più desiderio di vivere, neppure per un
istante, ma di voler fuggire lontano, dove non importa, se mi
capitano tra le mani semplici fogli di carta bianca e un buon
pennello, cartoncini bianchi o carta di Michinoku, immediatamente mi
rassereno e penso che la vita valga ancora la pena di essere vissuta.
Oppure se distendo un tatami dai bordi damascati e ne ammiro la fibra
ancora di un tenero verde, dolcemente rigonfia, la minutezza
dell'intreccio, la netta distinzione tra il nero e il bianco dei
disegni del bordo, mi accorgo che non potrei mai abbandonare questo
mondo senza rimpianto e la vita stessa mi appare più preziosa che
mai.
(Un grazie speciale a Tiziana Rinaldi che con un suo post, tempo fa, mi ha fatto scoprire Sei Shōnagon).
(Un grazie speciale a Tiziana Rinaldi che con un suo post, tempo fa, mi ha fatto scoprire Sei Shōnagon).
Sei Shōnagon, Note del guanciale, a cura di Lydia Origlia, SE 2002.
... che aggiungere? :)
RispondiEliminami sento aderire perfettamente a quanto di questo libro -per me così prezioso- hai scritto. anche quando dici dell'estraneità o della noia nel leggere alcune lunghe dissertazioni. è così. e hai saputo dirlo con grazia, così come avrebbe fatto Sei Shōnagon stessa :)
è un libro -un mondo, una donna- così lontano... così vicino.
e sono così contenta che tu lo abbia letto.
Sono andata a rileggermi il post in cui ne parlavi e sono rimasta perplessa nel non trovare un mio commento. Eppure ricordo di averne "parlato" con te - sono quasi sicura di averti scritto una mail al riguardo.
EliminaComunque, questo libro è uno dei tanti bei debiti che ho con te.
Saluti affettuosi
come in una catena, grazie a te.:)
RispondiElimina(che vale dunque anche per la Tiziana)
Una catena virtuosa - e molto forte, se ti ha indotta a vincere la tua riluttanza a scrivere commenti sul blog :-)
Eliminasai sempre scovare pagine graziose e delicate come bouquet floreali... :)
RispondiEliminagrande paperottola!! :)
Che bell'immagine, Zio, grazie!
EliminaChe bella immagine, grazie Zio!
EliminaVoce fuori dal coro: il Giappone non mi incuriosisce. Non so perché, forse non si può sempre andare alla ricerca di un perché. Così, nonostante i tanti consigli di lettura, nonostante questa bella recensione, rimando l’acquisto di libri o la visione di film provenienti dal Giappone. Magari un giorno mi sveglierò di colpo e mi trasferirò lì. Intanto prendo nota del libro. In futuro…
RispondiEliminaUn caro abbraccio.
La mia fascinazione per il Giappone ha origini squisitamente sentimentali, non intellettuali, nasce infatti dal mio affetto per la mia amica Wakako, donna singolarissima e a me molto cara. Conoscendo lei mi è venuto spontaneo voler capire qualcosa di più di una cultura e di un mondo che sono davvero molto lontani da noi. Al Nell'estetica giapponese, che sa essere insieme così raffinata ed elegante ma anche leziosa e sedotta dal kitsch quando vuole (soprattutto nella sua versione più moderna), ritrovo molte delle contraddizioni che mi hanno sempre divertita e incuriosita in Wakako.
EliminaChissà se senza il suo tramite avrei prima o poi trovato comunque la strada...
Ad ogni modo, carissima, si vive e benissimo anche senza curiosità per il Giappone: tu ne sei, quanto meno, la dimostrazione vivente!
Baci
Nemmeno io amo particolarmente il Giappone, anche se un lungo viaggio di qualche anno fa e l' incontro con i libri di Fosco Maraini, mi ha cambiato la vita. Devo dire però che in una giornata di pioggerellina grigia- di quelle che piacerebbero tanto ai giapponesi- leggere la grazia sottile, con cui racconti la complicata raffinatezza del libro di Sei Shonagon, mi ha portato il sole.
RispondiEliminaRicordo ancora i tuoi esilaranti racconti sul tuo viaggio in Giappone!
EliminaGrazie per le tue belle parole.
Saluti affettuosi
Oltre a te, è stata Amelie Nothomb, con "Stupori e tremori" a raccontarmi qualcosa sul Giappone. Ho subito pensato a quel libro mentre leggevo il tuo post in cui mi sembra di intravedere qualche interrogativo, curiosità ma anche insofferenza per i cerimoniali e i repertori del paese del sol levante. La creatività è forse una risorsa migliore e, chissà, in fondo in fondo, anche i giapponesi lo sanno. Inventiva o inventari? Ah l'eterno problema...
RispondiEliminaBacio
Ho l'impressione che il Giappone sia un paese estremo, dal quale ci si può sentire attratti alla follia oppure respinti per molte ragioni. Per Amélie Nothomb il Giappone è un oggetto d'amore e di desiderio, quasi un'ossessione - o almeno così mi è parso leggendo qualcosa di lei.
EliminaMi è piaciuta la tua battuta finale, Giacinta!
Bacio anche a te
Io, per avere "interesse" sul Giappone devo essere in uno stato di grazia particolare. Non so come, passo dallo stato di fascinazione ad uno di completa assenza di interesse. Anche il mio lato "giallista" non si è ancora avventurato da quelle parti. Salvo però, come fai tu, il loro rapporto con la natura, forse anche perché ebbi la fortuna di partecipare a un corso di ikebana in Germania tenuto in tedesco da una giapponese. (Un po' contorto, lo so, ma è successo).
RispondiEliminaBye&besos prima di sdraiarmi sul futon.
In realtà, penso che anche per me sia così, sai? Ho anch'io le mie "ore giapponesi" per citare Maraini, cioè dei periodi in cui acquisto libri sul Giappone, mi documento, leggiucchio, mi beo della loro estetica. Poi mi passa e l'interesse si fa dormiente fino alla prossima "crisi".
EliminaQuanto al corso di ikebana in tedesco, devi essere una donna ricca di storie curiose, tu, cara la mia Nela San!
Saluti!